Pernigotti, zero possibilità Di Maio: «Tutelare i marchi»
Il premier Conte convocherà i vertici del Gruppo Toksoz
Una fabbrica dove si lavora il cioccolato che rischia di chiudere, la Pernigotti. Un ministro, Luigi Di Maio, che annuncia una norma entro fine anno per legare un marchio al suo territorio. Per sempre. Tutto questo succede per uno dei brand storici del cioccolato Made in Italy, acquisito nel 2013 dai turchi di Toksöz Grup. La società vuole chiudere lo stabilimento, lo ha annunciato qualche settimana fa e lo ha ribadito ieri durante l’incontro al tavolo del Mise. Le cause della decisione, dicono in una nota, «risiedono nella situazione di crisi che l’azienda sta attraversando, determinata dall’eccessiva incidenza dei costi di produzione rispetto all’andamento delle vendite, ad oggi insostenibili, nonostante le strategie finora attuate a sostegno del business». In ballo c’è il lavoro di un centinaio di addetti della fabbrica piemontese Novi Ligure, provincia di Alessandria. In realtà, dicono i sindacati, l’impatto occupazionale sarebbe molto più pesante, se si considerano i venti addetti con mansioni commerciali e i 150 lavoratori in somministrazione che coprono le esigenze della stagionalità. «Il destino dei lavoratori e del marchio non può essere separato – dice il vicepremier Luigi Di Maio – faremo entro l’anno un disegno di legge per legare i marchi ai territori per sempre». Il prossimo passo lo farà lo stesso presidente del Consiglio Conte che convocherà i vertici dell’azienda. Due le strade possibili, convincerli a non chiudere la fabbrica italiana del cioccolato oppure fare in modo che rinuncino al marchio che a quel punto potrebbe entrare in un progetto di reindustrializzazione oppure trovare un acquirente industriale.
Intanto l’azienda ha aperto una procedura di cassa integrazione straordinaria, per cessazione a cominciare dal 3 dicembre. Ha confermato la volontà di «esternalizzare le attività̀̀ produttive di Novi Ligure unicamente presso il territorio nazionale» e il proprio impegno «a limitare quanto più̀ possibile l’impatto sociale di questa decisione, adoperandosi affinché il personale possa essere ricollocato presso aziende operanti nel medesimo settore o terzisti durante il periodo di Cigs».
Una richiesta irricevibile tanto per i sindacati quanto per il Governo e le istituzioni locali. «Abbiamo bisogno di più tempo per trovare un acquirente italiano disposto a comprare azienda e marchio – dice Pietro Pellegrini, segretario nazionale della Uila – per questo abbiamo ribadito la necessità che venga concessa la cig per riorganizzazione per 24 mesi e nel frattempo si attivi un percorso per consentire al marchio Pernigotti di rimanere a Novi Ligure». La Regione Piemonte, con l’assessore Gianna Pentenero si dice «disponibile ad accompagnare un eventuale piano di re-industrializzazione dello stabilimento alessandrino, ma deve essere chiaro che la produzione, il marchio e, naturalmente, i posti di lavoro devono rimanere a Novi».