Codice Ue e autonomia dell’Autorità: gli ostacoli della legge all’esame di Bruxelles
Il punto di partenza del progetto caldeggiato dal governo gialloverde è molto chiaro: evitare duplicazioni di investimenti sulla banda ultralarga, rivelatisi il lato debole del piano che nel 2015 era stato lanciato dal governo Renzi puntando tutto sull’antagonismo tra Tim e Open Fiber. Ma fino al punto di approdo ci sarà molta strada da fare. Ci sono diversi aspetti da blindare, a partire dalla sostenibilità della norma pro investimenti in sede europea. La prima anomalia è la decisione di intervenire sul Codice delle comunicazioni mentre tra pochi mesi dovrà iniziare il percorso di trasposizione nazionale del nuovo Codice europeo, che è stato approvato due giorni fa dall’Europarlamento ed andrà entro dicembre al voto del Consiglio. Ci si aspetterebbe modifiche pienamente compliant. Tuttavia il riferimento alla determinazione da parte dell’Agcom di «adeguati meccanismi incentivanti di remunerazione del capitale investito» sembrerebbe perfino più restrittivo di quanto prospetta il nuovo Codice Ue. Il testo europeo infatti va anche oltre il principio della Rab e, per gli operatori che operano solo nel mercato all’ingrosso, prevede all’articolo 80 un regime praticamente libero, fatta eccezione per tre principi generali: obblighi di non discriminazione, obblighi in materia di accesso e di uso di determinati elementi di rete, equità e ragionevolezza.
C’è anche un tema di autonomia del regolatore però da non sottovalutare. Indicare in una legge che l’Autorità «determina» le tariffe «tenendo conto» anche del costo storico degli investimenti già effettuati e del “costo sociale”, cioè della forza lavoro dell’impresa separata, potrebbe essere interpretato come una limitazione del potere discrezionale riservato al regolatore. C’è un precedente famoso in questo senso: la sentenza con cui la Corte di Giustizia Ue - richiamando le prerogative del regolatore sulle analisi di mercato - nel 2009 bocciò la Germania per gli emendamenti sulla “vacanza regolamentare” concessa a Deutsche Telekom sulla fibra ottica. È molto presto tuttavia per prevedere i giudizi della Ue, considerato anche che la norma per ora è stata solo annunciata dal governo. È curioso intanto che la Corte di Giustizia Ue sia stata chiamata in causa per dirimere una contesa che vede in campo proprio i due candidati alla rete unica. Tim contesta la legittimità dell’aggiudicazione delle gare Infratel ad Open Fiber alla luce dei cambiamenti intervenuti in seguito alla fusione della società concorrente con Metroweb. Le conclusioni dell’avvocato generale della Ue sono previste per il 23 gennaio 2019.
I riferimenti obbligati ai costi da considerare potrebbero limitare il potere discrezionale