Rete, sulle tariffe il peso del salvataggio Telecom
Incentivi da fissare anche sulla base «della forza lavoro dell’impresa separata»
Governo attento alle ricadute sul lavoro ma c’è il rischio di rialzo dei prezzi Il governo aspetta che si chiuda la partita del vertice Tim. Poi sulle nuove norme per la rete unica bisognerà “stringere” perché non sembri solo un messaggio lanciato per smuovere le acque. Non tutto sembra ancora definito, va detto, tanto che fonti della Lega in questi giorni parlavano di un’«iniziativa non ancora esaminata». Intanto, nella versione anticipata online dal Sole 24 Ore, spicca la “clausola occupazionale” che, secondo alcuni esperti, potrebbe avere dei contraccolpi sui prezzi finali.
Secondo la bozza (che potrebbe essere ancora modificata), in caso di aggregazione delle reti l’Authority per le comunicazioni «determina adeguati meccanismi incentivanti di remunerazione del capitale investito». Tradotto, stando all’interpretazione più diffusa, dovrebbe trattarsi del cosiddetto modello Rab (regulatory asset base). Ma nel determinare il ritorno degli investimenti, l’Authority - sempre secondo la norma - terrà conto di tre elementi: del costo storico degli investimenti effettuati in relazione alle reti di accesso trasferite, delle best practices europee e di altri settori a rete e «della forza lavoro dell’impresa separata».
La relazione illustrativa parla della necessità di tenere in considerazione «impatti dell’operazione di aggregazione in termini occupazionali». Secondo le valutazioni degli addetti ai lavori, potrebbe esserci un effetto a cascata prima sui prezzi all’ingrosso praticati dalla società della rete e poi su quelli applicati ai clienti finali.
È chiaro che la maggioranza al governo stia valutando con attenzione l’aspetto occupazionale dell’operazione che si intende “incentivare”. Ci sono in gioco oltre 20mila posti e la sensibilità è altissima, a maggior ragione alla vigilia del tavolo con i sindacati convocato dal ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio per il 22 novembre. Ma caricare il “costo sociale” della rete unica sulle tariffe di accesso e a valle sui prezzi sostenuti dai consumatori potrebbe essere un boomerang.
I sindacati hanno ribadito ieri la preoccupazione sull’intera vicenda. Il 22 novembre - fanno sapere Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil - i lavoratori delle tlc e del gruppo Tim si riuniranno in presidio al ministero dello Sviluppo economico in concomitanza con il tavolo coordinato dal ministro Di Maio. Le tre segreterie sindacali nazionali ribadiscono la totale contrarietà «rispetto a presunti progetti di “spezzatino” e la necessità di difendere il patrimonio industriale e professionale dell’intero perimetro del gruppo Tim in Italia, della sua rete, dei suoi asset anche a seguito di eventuali operazioni industriali e societarie che potrebbero determinarsi».
Tornando ai dettagli della norma (che sembra destinata a confluire nel decreto semplificazioni) le modifiche riguardano gli articoli 50 bis e 50 ter del Codice delineando due possibili situazioni: gli operatori che procedono in via del tutto volontaria oppure l’Authority che fa una sua proposta. Quest’ultimo punto in effetti è abbastanza generico, perché si precisa che l’Autorità può «indicare uno schema di eventuale aggregazione volontaria» degli asset della rete di accesso appartenenti a diversi operatori.
Al netto del riferimento all’impatto occupazionale, che potrebbe far discutere se non ben chiarito, nel complesso l’impianto della norma apporta minime novità rispetto alle competenze e poteri che l’Authority per le comunicazioni può già esercitare. Resta dunque l’impressione di un intervento che avrebbe soprattutto il valore di un indirizzo politico: il governo, pur rinviando alle prerogative del garante, sembra promettere un “bonus” a integrazione avvenuta.