Ubs sceglie Mulone per guidare la banca in Italia
L’istituto può contare su oltre 760 dipendenti e su 50 miliardi di asset
È da oltre 20 anni in Ubs, all’attivo ha oltre 2mila operazioni che portano la sua firma e ora lo attende una nuova sfida. Riccardo Mulone, fino a ieri responsabile Investment Bank per l’Italia della banca svizzera è stato nominato Country Head. A lui, dunque, spetterà quel ruolo di sintesi al vertice dell’istituto volto a far dialogare tutte le divisioni per dare spinta a una crescita che mette al centro il cliente e la necessità di servirlo in tutte le sue esigenze. Una mission che Ubs si è data qualche anno fa a livello globale, avviata al contempo in Italia e che ora trova nuova linfa con questa revisione della governance. «Mi impegnerò giorno dopo giorno per fare in modo che si lavori in maniera ancor più coesa e con il massimo dell’energia», ha sottolineato a Il Sole 24 Ore Riccardo Mulone. E il fatto di avere alle spalle un passato principalmente da investment banker non lo preoccupa minimamente. Anzi è uno stimolo: «Ubs ti spinge ad uscire dalla tua comfort zone per affrontare una sfida costruttiva ed è quello che farò». L’obiettivo è quello di aumentare la collaborazione tra i business dell’istituto presenti in Italia e che va ben oltre la funzione di banca d’investimento, nonostante il track record di operazioni di successo concluse nel paese. Ubs può infatti contare su oltre 760 dipendenti e su 50 miliardi di asset investiti tra wealth e asset management e l’intenzione è di generare altre opportunità per i clienti esistenti e attrarne di nuovi. Avendo ben presente «il ruolo centrale che l’Italia ha per Ubs» e che in futuro potrebbe crescere ulteriormente. Grazie anche al fatto che con Brexit il presidio a Milano verrà rafforzato dall’arrivo di 15 nuovi banker da Londra. Innesti utili a perseguire quella ricerca di sinergie tra le tre divisioni fondamentale per «supportare imprenditori, grandi famiglie e i loro family office, che guardano allo sviluppo della propria attività imprenditoriale, alla pianificazione della successione e alla crescita del patrimonio». In questo quadro Riccardo Mulone intende interpretare al meglio il ruolo che gli è stato assegnato, facendo da «stimolo a tutti i colleghi e a tutti i business». Complice anche l’esperienza che si è costruito in questi anni che l’hanno visto protagonista di diverse operazioni chiave. Una tra tutte la maxi aggregazione tra Fiat e Chrysler di cui Mulone conserva memoria indelebile perché ha segnato il futuro del gruppo automobilistico e in generale del settore auto. Ha lavorato al fianco di Sergio Marchionne e di Alfredo Altavilla. All’epoca aveva 36 anni e racconta che per un banker è stato «un privilegio, un onore, aver partecipato a una trattativa simile, con protagonisti di tale spessore, sfociata, peraltro, in un accordo straordinario ma soprattutto rivoluzionario». A quel tavolo era arrivato dopo una laurea 110 e lode in Economia e Commercio all’Università di Catania e 10 anni in Ubs tra Londra e Milano. Ora una nuova tappa, con la consapevolezza di aver già intrecciato la propria carriera con tanti imprenditori illustri: «Tutti mi colpiscono perché ogni giorno si giocano la loro pelle contro burocrazia, scenari economici e politici avversi». Ma alcuni hanno lasciato il segno più di altri: «Remo Ruffini per la sua creatività e per la coerenza industriale della sua visione; Dario Ferrari per l’approccio innovativo e la costante ricerca e Horacio Pagani per la vulcanicità, la capacità e l’ampiezza di vedute, Ermenegildo Zegna per il suo coraggioso istinto e metodo nel prendere decisioni importanti».