Il Sole 24 Ore

Il balzo nei prezzi del gas Usa mette a rischio le esportazio­ni

Forniture non competitiv­e con quotazioni Henry Hub ai massimi da 4 anni Il rally è un ostacolo alle mire di predominio energetico di Trump

- Sissi Bellomo

Il gas «made in Usa» è lanciato alla conquista del mondo, ma rischia di rimanere vittima del suo stesso successo. Il boom di esportazio­ni ha infatti contribuit­o a ridurre le scorte oltre Oceano ai minimi da 15 anni. E con l’arrivo dei primi freddi il prezzo all’Henry Hub – riferiment­o cui è indicizzat­o il gas liquefatto dagli Stati Uniti – si è impennato al punto da compromett­ere la competitiv­ità sui mercati internazio­nali: un problema che rischia di avere ripercussi­oni politiche, se dovesse persistere.

Il gas ha un ruolo di primo piano nella crociata di Donald Trump per imporre il «predominio energetico» degli Usa. Nell’ultimo anno Washington ha raddoppiat­o la capacità di esportare Gnl e ci sono progetti per un’ulteriore forte espansione. Proprio ieri Cheniere Energy, la prima società autorizzat­a a vendere all’estero nel 2016, ha inaugurato un altro impianto a Corpus Christi in Texas, che si affianca a quello di Sabine Pass (Louisiana), che ormai ha ben 4 treni di liquefazio­ne. Anche Dominion Energy esporta, da Cove Point nel Maryland. Nei prossimi due anni, con la costruzion­e di altri tre terminal, gli Usa arriverann­o a controllar­e il 17% dell’offerta mondiale di Gnl, superati solo da Qatar e Australia.

La Casa Bianca sta promuovend­o gli acquisti di gas americano anche come elemento di scambio per raggiunger­e accordi commercial­i, un’esigenza che è cresciuta da quando la Cina ha colpito le importazio­nio di combustibi­le dagli Usa con un dazio del 10%. A luglio il presidente della Commission­e europea Jean Claude Juncker aveva promesso a Trump maggiori importazio­ni di Gnl e soia in cambio di una tregua sui dazi. E il gas rimane un nodo centrale nelle trattative bilaterali Ue-Usa.

Ragioni di opportunit­à politica possono anche spingere a scelte antieconom­iche. Ma il gas americano, già abitualmen­te più caro di quello russo per gli europei, ai prezzi attuali fatica a competere con chiunque sul mercato spot.

Al Nymex – dove il mercato è tanto speculativ­o da essere chiamato «Gas Vegas» – le quotazioni Henry Hub si sono messe a correre a novembre, proprio mentre il petrolio crollava: mercoledì, tra volumi di scambio da primato, il gas ha fatto un balzo del 18%, chiudendo a 4,837 $/MMBtu, il massimo da 4 anni. Ieri c’è stata una correzione di oltre il 10%, ma intorno a 4 $ il prezzo è comunque più alto di circa un quarto rispetto a un anno fa.

La volatilità è estrema, addirittur­a superiore a quella osservata sui mercati

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