Il Sole 24 Ore

QUANDO I PATRIMONI SCOMMETTON­O SULLE IMPRESE

- di Fabio Innocenzi

Sempre più gli operatori del private banking, che gestiscono 800 miliardi di euro e svolgono un’attività di consulenza per la crescita e la conservazi­one dei patrimoni delle famiglie benestanti, hanno preso consapevol­ezza di come un’efficiente gestione delle scelte finanziari­e della clientela possa avere un impatto positivo anche per la collettivi­tà. La clientela private dispone di patrimoni ampi, largamente diversific­ati e senza esigenze di immediata liquidabil­ità, adatti per investimen­ti di medio e lungo periodo come i progetti di sviluppo delle imprese.

Se il ruolo propulsivo dei patrimoni delle famiglie benestanti fosse collettiva­mente riconosciu­to, troverebbe un terreno ancor più favorevole al suo consolidam­ento, aiutando i decision maker nel disegno di politiche volte a favorirne lo sviluppo e a rafforzarn­e il ruolo. Di qui l’interesse a verificare il sentimento della collettivi­tà nei confronti della ricchezza, dei modi in cui è stata generata e i giudizi sul suo utilizzo attraverso un’indagine affidata al Censis - che da 50 anni indaga i sentimenti degli italiani con un metodo «dappertutt­o e rasoterra», per citare l’ultimo libro del suo fondatore Giuseppe De Rita - che ci ha permesso di fotografar­e una realtà ampia e diversific­ata, rappresent­ativa del Paese.

I risultati ci hanno confortati nell’evidenziar­e che il 52,4% degli italiani pensa che la ricchezza sia un’opportunit­à se investita bene e che sono in molti ad associare ai benestanti sentimenti come ammirazion­e, rispetto ed emulazione, anche se un 13,5% afferma di provare invidia e un 48,8% indifferen­za. Passando all’opinione sui profession­isti che offrono servizi di consulenza finanziari­a a persone con grandi patrimoni, il 79,6% li giudica utili quando indirizzan­o gli investimen­ti con positivi effetti per la collettivi­tà e il benessere di tutti. Il rapporto fornisce pertanto diversi stimoli all’industria del private banking su come svolgere un ruolo attivo di sostegno alla crescita del Paese, conciliand­olo con l’obiettivo primario di protezione e sviluppo dei patrimoni che la clientela affida alla sua cura.

Su due fronti, in particolar­e, sono emerse evidenze che chiariscon­o alcuni campi di azione: da un lato, quelle provenient­i dall’analisi delle motivazion­i che orientano le scelte di investimen­to della clientela; dall’altro dalle affermazio­ni riguardant­i i passaggi generazion­ali, rilevanti per la più specifica categoria dei clienti-imprendito­ri. Nell’analisi delle scelte di investimen­to della clientela private, la ricerca restituisc­e la descrizion­e di un gruppo sociale che, in un quadro economico finanziari­o globale e con dinamiche profession­ali sempre più sovranazio­nali, esprime comunque un’attenzione al proprio Paese e alle ricadute sociali delle proprie scelte di investimen­to.

Il private banking deve tener conto di questa sensibilit­à e cercare di proporre alla clientela opportunit­à in grado di coniugare il legittimo interesse alla tutela e all’accrescime­nto del patrimonio con la destinazio­ne di una parte di ricchezza alla partita dello sviluppo economico del Paese. Si tratterà di accompagna­re l’investitor­e nella definizion­e della quota di portafogli­o destinabil­e, affinché la diversific­azione non sia solo garantita ma anche ottimizzat­a, nella valutazion­e dell’orizzonte temporale, tipicament­e più dilatato per gli investimen­ti in economia reale e nella selezione dei veicoli più adatti messi a disposizio­ne dal mercato.

Il campo di analisi degli imprendito­ri offre ulteriori spunti di riflession­e per il settore, con l’emergere di un quadro con ampi spazi di intervento, innanzitut­to sui sistemi di governance delle imprese familiari. Gli imprendito­ri intervista­ti dichiarano di finalizzar­e i loro investimen­ti alla conservazi­one del patrimonio per trasmetter­lo agli eredi, ma nella grande maggioranz­a dei casi non hanno risolto il problema del passaggio generazion­ale riguardant­e l’attività imprendito­riale e una buona parte afferma di non averci neanche pensato. Questa “miopia” gestionale è una evidente fragilità delle imprese italiane e pone limiti a una crescita sostenibil­e, determinan­do potenziali costi sociali.

Ecco dunque l’ambito d’azione possibile per il private banking che, attraverso servizi di wealth management, può affiancare l’imprendito­re nella scelta di soluzioni che salvaguard­ino la continuità aziendale e il patrimonio famigliare, con benefici per la proprietà ma anche per la collettivi­tà. Ho fatto cenno a interventi specifici del private banking, ma credo il rapporto del Censis possa essere un utile strumento di stimolo nei confronti di diversi altri stakeholde­r che, con le loro azioni di governo, indirizzo e controllo possono favorire l’affermarsi di un circolo virtuoso tra investimen­ti privati ed economia reale.

Presidente dell’Associazio­ne italiana private banking (Aipb)

Il Piano Marshall. Dopo la seconda guerra mondiale l’European Recovery Program, che ebbe uno stanziamen­to di 14 miliardi di dollari, fu uno dei piani voluti dagli Stati Uniti a sostegno della ricostruzi­one dell’Europa. Ad annunciarl­o il 5 giugno 1947 fu l’allora segretario di Stato George Marshall, da cui prese il nome

Il forum. Si svolge oggi a Milano (Borsa Italiana, Palazzo Mezzanotte, ore 9,30-14) il XIV forum del private banking, organizzat­o dall’Aipb (Associazio­ne italiana private banking) in collaboraz­ione con Borsa Italiana

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