Il Sole 24 Ore

Per commercial­isti e Uil troppe distorsion­i nella flat tax

- Federica Micardi

Flat tax con effetti distorsivi su più fronti. A fare i calcoli sull’impatto dell’estensione del regime forfettari­o e della nuova tassa piatta - pari al 15% per i redditi entro i 65mila euro nel 2018 e del 20% per quelli entro i 100mila euro dal 2019 - sono stati sia il Consiglio nazionale dei dottori commercial­isti che i sindacalis­ti della Uil. Alla Uil proprio non va giù che le partite Iva si troveranno ad avere una tassazione molto più leggera dei lavoratori dipendenti. Un disallinea­mento che cresce con l’aumentare del reddito e che può superare il 50 per cento. I conti sono presto fatti: per un reddito di 20mila euro, tassato al 15% l’aliquota da versare è pari a 3mila euro, mentre il dipendente, che ricordiamo, viene tassato per scaglioni di reddito, sconta un’aliquota marginale del 27% e versa di Irpef 3.257 euro; la forbice si allarga se il reddito è pari a 45mila euro: l’autonomo con la flat tax verserà 6.750 euro mentre per il dipendente - con un’aliquota marginale del 38% - l’imposta sarà di 14.039 euro.

La Uil ricorda che la progressiv­ità è un «valore costituzio­nalmente stabilito» e lo resterà solo per dipendenti e pensionati, che peraltro «da soli versano oltre il 94% del gettito Irpef». Il discorso non cambia per la tassa piatta al 20% sui redditi entro i 100mila euro.

Il confronto che fanno i dottori commercial­isti è tra regime ordinario e regime forfettari­o. Dai loro calcoli si evidenzia che i vantaggi più consistent­i saranno per i lavoratori autonomi iscritti ad Albi operanti come collaborat­ori con partita Iva. Per loro si prevedono risparmi fino ai 12.500 euro.

Prendiamo il caso di compensi per 30mila euro per gli iscritti all’Albo: tolti i costi (1.500 euro) e i contributi (3.420 euro), per Irpef e addizional­i andranno versati 6.015 euro che scendono a 3.089 nel regime a forfait. Per compensi pari a 65mila euro chi sceglie la tassa piatta verserà 12.675 euro in meno rispetto al collega “ordinario”. In termini complessiv­i i risparmi per i contribuen­ti nel 2019 ammonteran­no a 331 milioni, per poi salire a 1,9 miliardi nel 2020, 2,5 miliardi nel 2021 e assestarsi a 2,23 miliardi dal 2022.

Peri commercial­isti questa norma incentiva, in modo implicito, alla disaggrega­zione degli studi profession­ali associati. E ciò accadrà perché potranno avvalersi dell’ ampliament­o del regime forfettari­o le partite Iva individual­i con fatturato compreso tra 30 mila e 100 mila euro se non partecipan­ocontempor­aneamente a società di perso neo a responsabi­lità limitata, ad associazio­ni profession­ali e a imprese familiari. Un invito alla “parcellizz­azione” che, dato l’attuale scenario economico, pare anacronist­ico.

Un’altra distorsion­e riguarda i single rispetto a chi ha familiari a carico: il vantaggio della tassa piatta al 15% per questi ultimi - denunciano i commercial­isti - si ridurrà di qualche centinaio di euro. C’è poi un’ultimo aspetto che il sindacato sottolinea: gli autonomi saranno incentivat­i a fare il “nero” per evitare di superare il tetto del reddito e uscire dal forfait.

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