Nella gig economy va preso atto delle collaborazioni
Necessario un intervento normativo per offrire tutele ai co.co.co
Il legislatore ha risposto alle sollecitazioni provenienti dalle nuove forme dilavorogeneratedallagigeconomy, prima con un provvedimento estensivo dell’ambito di applicazione della disciplina del lavoro subordinato (articolo2,comma1delDlgs81/2015),in seguito con un intervento di ridefinizione dell’area del lavoro autonomo e coordinato non subordinato (articolo409,numero3,delCodicediprocedura civile). Scopo degli interventi eraattrarreilpiùpossibilenell’ambito del lavoro subordinato le attività coordinate tramite strumenti digitali. Entrambi, però, non hanno inciso sul previgente contesto normativo.
L’articolo 2, comma 1 del Dlgs 81/2015èunanormaapparente,giacchénoncontieneelementitalidaconsentire l’individuazione di una fattispecie più ampia di quella dell’articolo 2094 del Codice civile: la soggezione del lavoratore al potere di organizzazione del datore è da sempre la chiave della subordinazione. La cartina di tornasole è costituita dall’impossibilità di dare una risposta all’ineludibile interrogativo che posto al giudice discutendoil“casoFoodora”ecioèqualielementifattualiinmenoiricorrenti avrebbero dovuto provare per dimostrare la riconducibilità del loro rapporto anziché all’articolo 2094 (solo) all’articolo2,comma1.Edèstataquestaimpossibilitàaconvincereiltribunale di Torino dell’inutilità dell’articolo 2, comma 1.
Parimenti nessun contributo innovativo è venuto dall’integrazione (pur volta a comprimere l’area delle co.co.co) recata alla definizione dell’articolo 409 del Codice di procedura civile, con la precisazione che è esclusa la subordinazione se le modalità di coordinamento della prestazione sono stabilite di comune accordo tra fruitore e prestatore (ma c’è sempre uncontrattosottoscrittodaentrambe le parti) e il prestatore «organizza autonomamente l’attività lavorativa» (ma se la prestazione non è organizzata dal fruitore significa che sussistono apprezzabili margini di autorganizzazionedapartedelprestatore).
Parealloraopportunoche,nell’articolazionedelletutele,iltroppospesso demonizzato “lavoro coordinato e continuativo senza vincolo di subordinazione”nonsiaannegatonellavoro autonomo tout court. Oggi quel lavoro gode di apprezzabili tutele: copertura pensionistica, assicurazione di malattia e contro gli infortuni sul lavoro, indennità di disoccupazione.
L’inconveniente socialmente più grave sta proprio nella circostanza che, nella pratica, le attività appartenenti all’ineliminabile “zona grigia” tra lavoro subordinato e lavoro autonomo tout court per lo più non sono ascritte a tale fattispecie e pertanto sono rese in carenza delle tutele fondamentali. Il che, tra l’altro, determina squilibri concorrenziali tra settori diversi della gig economy.
Per porre rimedio il legislatore avrebbe potuto inserire nel decreto dignità, e oggi potrebbe inserire in un intervento integrativo dell’articolo 2 del Dlgs 81/2015, una norma di questo tenore: «la disciplina legislativamente prevista per le collaborazioni coordinate e continuative senza vincolo di subordinazione si applica in tuttiicasiincuirisultidifattouncoordinamento senza vincolo di subordinazione anche se le parti non sono obbligate rispettivamente ad offrire e richiedere la prestazione e la collaborazione è svolta con continuità pur se saltuariamentenell’arcodellagiornata, del mese, dell’anno».