«Roma sfida le regole della Ue, la manovra rallenta la crescita»
«La deviazione è evidente, non possiamo fermare la procedura come in passato»
«Il bilancio programmatico italiano mostra una significativa deviazione rispetto agli impegni. In passato gli scostamenti rispetto agli obiettivi erano marginali; oggi la deviazione è evidente».Lo dice al Sole 24 Ore il vicepresidente della Commissione Ue Dombrovskis. «Il governo sfida apertamente le regole di bilancio che tutti nella zona euro si sono dati».
Intervista a Dombrovskis.
Dal nostro corrispondente
La Commissione europea presenterà il 21 novembre l’attesa opinione sul bilancio italiano 2019. Sarà negativa dopo che il governo Conte ha deciso di non modificarne il testo. Con l’occasione dovrebbe anche pubblicare un rapporto sul debito, propedeutico a una procedura per debito eccessivo. Parlando al Sole 24 Ore, il vice presidente dell’esecutivo comunitario Valdis Dombrovskis, 47 anni, si è detto ieri preoccupato – cifre alla mano - dell’impatto negativo della Finanziaria sull’economia, esortando il governo a cambiare un atteggiamento ritenuto controproducente.
Nella sua diatriba con le autorità comunitarie sulla Finanziaria del 2019, l’Italia appare isolata. Nessun paese si sta schierando dalla sua parte, a differenza che in passato. Come mai? Il bilancio programmatico italiano mostra una significativa deviazione rispetto agli impegni presi dal governo con i suoi partner nel Consiglio. I paesi membri appoggiano la posizione della Commissione nei confronti dell'Italia. In passato gli scostamenti rispetto agli obiettivi erano marginali. Oggi siamo dinanzi a una deviazione chiara ed evidente (il deficit nominale 2019 è tre volte quello previsto dagli impegni, ndr). Il governo sta sfidando apertamente le regole di bilancio che tutti nella zona euro si sono dati e hanno accettato.
Si deve presumere che alcuni paesi abbiano paura di un contagio?
Fatti e misure in un paese influenzano gli altri paesi che condividono la stessa moneta. Ecco perché è importante rispettare le regole. Per ora l’effetto-contagio è limitato; ma stiamo monitorando la situazione da molto vicino. Vi è preoccupazione. Ciò detto, bisogna soprattutto dire che la politica di bilancio dell’Italia è economicamente controproducente.
In che senso?
La Finanziaria ha preoccupato gli investitori e provocato un incremento dei rendimenti obbligazionari che a seconda della maturità sono saliti in un anno tra 1,0 e 1,5 punti percentuali. Gradualmente questo rialzo si sta trasferendo sulle condizioni di finanziamento e sull’accesso al credito nell’economia reale, alle aziende e ai consumatori. La fiducia sta peggiorando, con un impatto negativo sugli investimenti. In buona sostanza, l’atteso stimolo alla congiuntura per via di un aumento della spesa pubblica si sta trasformando in un ulteriore rallentamento dell’economia. Non per altro, abbiamo appena ridotto dall’1,3 all’1,2% la stima di crescita 2019.
A proposito del settore bancario: si deve presumere che questa situazione non lo aiuti. È preoccupato?
Tra il 2015 e il 2018, l’Italia ha ridotto dal 17 al 10% il tasso di sofferenze nei bilanci bancari. I livelli di capitalizzazione sono migliorati così come il livello degli accantonamenti. Banche solide aiutano l’economia perché possono concedere prestiti più facilmente. Oggi stiamo assistendo a un peggioramento delle condizioni di finanziamento delle banche, a causa delle tensioni sui tassi d’interesse. Ciò sta frenando la ripresa nel settore creditizio.
Tornando al Bilancio 2019, il governo italiano vi ha appena mandato la sua risposta alla vostra richiesta di rivedere la Finanziaria. Ha già un primo commento? Pubblicheremo le nostre opinioni di bilancio per tutti i paesi il 21 novembre. A prima vista, non vi è stato alcun cambiamento sostanziale da parte italiana.
Ciò significa che l’apertura di una procedura per debito eccessivo è dietro l'angolo?
Non voglio pregiudicare decisioni. Stiamo preparando un rapporto sul debito italiano ai sensi dei Trattati perché la Finanziaria rimette in discussione l’evoluzione del debito (130% del Pil, ndr). Tenga conto che in questi anni abbiamo evitato di aprire una procedura contro l’Italia perché abbiamo considerato tra i fattori rilevanti la presentazione di bilanci in linea con il Patto di Stabilità. Se questa condizione non fosse più presente, aprire la procedura potrebbe quindi essere giustificato.
Quale è lo spazio di discrezionalità nell’applicare la procedura? Come al solito, il Patto di Stabilità offre un margine di manovra nella valutazione economica della situazione di ogni singolo paese. Non ci sono automatismi meccanicistici.
C’è il rischio di disintegrazione della zona euro per via della politica economica italiana?
Non farei dichiarazioni drammatiche. Ho già detto che il contagio agli altri paesi della zona delle tensioni finanziarie italiane è stato alquanto limitato. Peraltro, la zona euro ha rafforzato gli strumenti a sua disposizione per gestire potenziali periodi di instabilità. Siamo fiduciosi che la zona euro possa affrontare futuri shock finanziari, indipendentemente dalla direzione da cui provengono.
Una ultima domanda. Per anni si è detto che l’Italia fosse troppo grande per fallire, e che quindi sarebbe stata comunque salvata dai suoi partner nel caso di crisi debitoria. È ancora così? Prima di tutto, non stiamo parlando dell’Italia in questi termini. Peraltro la stessa forza sottostante dell’economica italiana potrebbe permettere al paese di affrontare eventuali periodi di instabilità. Ma certamente vorremmo evitare tali situazioni. Ecco perché è necessario rivedere le politiche di bilancio del governo italiano. Come ho detto prima, la strategia dello stimolo fiscale non sta funzionando ed è controproduttiva, poiché stiamo assistendo a un rallentamento economico, tra tassi in rialzo e fiducia in ribasso. Peraltro, mancano nella strategia del governo misure per rafforzare la crescita potenziale. Penso in particolare a riforme per modernizzare la pubblica amministrazione, il mercato del lavoro, il diritto fallimentare.
BRUXELLES
il 21 novembre atteso dalla Ue il rapporto sul debito, propedeutico a una procedura per debito eccessivo