IL «MATTONE DI STATO» PASSA AI SINDACI SOLO A METÀ
All’improvviso la politica italiana sembra essersi ricordata del “mattone” di Stato. Nella lettera di risposta all’Ue, il governo gialloverde ha annunciato 18 miliardi di dismissioni. Un obiettivo decisamente ambizioso. Alla luce di due fattori: l’incasso medio annuo dalle vendite di pezzi del Demanio è di 20 milioni; valorizzarli è tutt’altro che semplice visto che anche gli enti locali sono stati spesso costretti a rinunciarvi. Come conferma il bilancio aggiornato di 8 anni di federalismo demaniale: su 11.777 richieste di trasferimento ne sono andate a buon fine 4.997.Il 42 per cento.
Intervenendo in audizione davanti alla commissione Finanze della Camera il direttore dell’Agenzia del demanio, Riccardo Carpino, ha fornito un bilancio aggiornato del percorso di devoluzione dei beni dal centro alla periferia che è partito con il decreto legislativo 85/2010 e ha avuto uno step importante a fine 2016 quando Comuni e Province hanno presentato le loro ultime istanze di trasferimento. Ebbene, a fronte di 11.777 domande sono stati rilasciati 11.293 pareri. Di cui 6.890 favorevoli. Sulla base dei quali sono stati autorizzati 4.997 trasferimenti per un valore complessivo di circa 1,3 miliardi.
All’appello mancherebbero i 1.893 beni per cui il passaggio di mano era stato concesso ma poi è rimasto sulla carta. Nella stragrande maggioranza dei casi (1.629), pur avendolo chiesto, lo stesso ente coinvolto non ha emanato la delibera finale. Altre 264 volte però l’amministrazione interessata è stata costretta a rinunciarvi. Molto spesso per i tagli ai trasferimenti statali intervenuti nel frattempo che hanno reso più ostico ogni percorso di valorizzazione. Valga per tutti il caso della Città metropolitana di Bologna che ha restituito al mittente un cospicuo pacchetto di beni. Incluse le case per senzatetto di Borgo Tossignano e alcuni terreni dell’hinterland felsineo.
Anche gli enti territoriali che sono andati avanti nel percorso non sempre sono riusciti a valorizzare il bene. La conferma arriva anche qui dal Demanio che ha monitorato gli immobili passati nella disponibilità di sindaci e presidenti di provincia. Dei 2.627 monitoraggi conclusi su 3.505 beni per cui sono trascorsi tre anni dal trasferimento è emerso che il 45% è stato destinato dagli enti territoriali a una fruizione pubblica (fini sociali, scopi istituzionali, opere di urbanizzazione primaria e secondaria). Per un altro 25% è stata avviata invece la messa a reddito. In varie forme: dalla concessione in locazione alla vendita alla valorizzazione finalizzata all’affitto. Nel 30% restante risultano ancora in corso da parte degli enti territoriali, a propria cura e spese, le attività propedeutiche (studi di fattibilità, aggiornamenti catastali, predisposizione di elaborati) alla futura definitiva destinazione.
Nelle situazioni in cui il processo è andato a buon fine il risultato si è visto. Ad esempio a Lucca. A gennaio dell’anno scorso l’amministrazione provinciale ha inaugurato la nuova sede del liceo a indirizzo musicale “Passaglia” nel vecchio complesso di Sant’Agostino, un convento fino ad allora abbandonato. A valle di un percorso che è partito nel 2013 con la richiesta al Demanio di assegnazione del bene e che ha comportato un investimento pubblico-privato di 1,8 milioni. Risorse in gran parte provenienti dal contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (1 milione circa), da stanziamenti statali (647mila euro), e per la parte residua (166mila euro) da fondi diretti della Provincia.
Un’iniziativa analoga la sta portando avanti il Comune di Ravenna con l’ex caserma Dante Alighieri che ha ospitato i militari fino al 2004. I 23mila metri quadri del bene sono stati frazionati in due: 8.700 mq sono stati attribuiti alla Cassa depositi e prestiti che curerà la ristrutturazione e poi deciderà se gestirli direttamente o affidarli ai privati con destinazione ricettiva o pubblica; i restanti 14mila sono andati al municipio che bonificherà l’area per destinarla a parco pubblico o annetterla al parco archeologico di Classe.
Due esempi che testimoniano come il percorso che porta un bene dello Stato a diventare fruttifero sono tutt’altro che semplici e immediati. Con buona pace degli annunci del governo di turno.