«Senza incentivi forti è più difficile assumere i giovani»
Francesco Seghezzi. Il direttore della Fondazione Adapt: all’inizio con il reddito di cittadinanza cresceranno i disoccupati
Senza un incentivo altrettanto forte alle assunzioni, “quota 100” rischia di produrre un esodo di massa dal mercato del lavoro. Perché non è assolutamente detto che a ogni uscita corrisponda una nuova entrata. Complici anche le rigidità dovute al decreto dignità. A sottolinearlo è Francesco Seghezzi, direttore di Fondazione Adapt, che al Sole 24 Ore del Lunedì ricorda come le scelte aziendali vadano comunque calate nel contesto in cui si opera: «Se le imprese crescono e ampliano i mercati possono assumere, sennò non assumono. Anzi possono consigliare ai lavoratori di accettare il prepensionamento per ottenere almeno una riduzione dei costi».
Nel 2019 potrebbe esserci un esodo di 600mila lavoratori. Con quali effetti sul mercato del lavoro? Seicentomila è un numero sicuramente considerevole. Ma bisogna distinguere le due tipologie di impatto: sul settore pubblico e su quello privato. Per il settore pubblico la promessa che è stata fatta dalla ministra Bongiorno e avallata da tanti esponenti del governo è che si faranno concorsi per assumere esattamente lo stesso numero di persone che usciranno. Quindi alcuni di questi 600mila saranno riassorbiti. Ma non è detto che persone entrate nel mondo del lavoro qualche decina di anni fa vengano sostituite al 100 per cento. Qui la scelta mi sembra politica. Nel privato invece non c’è scelta politica che tenga, checché ne dica il ministro del Lavoro quando prevede che ne escano 100 e ne entrino 300 o 500.
È una previsione realistica? Non mi sembra. Le cito un’analisi dell’Istat relativa a un trimestre di un paio di anni fa sulle persone che erano entrate e uscite dal mercato del lavoro. Con un saldo che era anche positivo: 700mila entrate e 570mila uscite. Il problema è che se era uscito il 16% di operai specializzati, artigiani e agricoltori era entrato solo l’11% perché nel frattempo la domanda di lavoro era cambiata. Questo è soltanto un dato che mostra come non è assolutamente detto che l’uscita di un X numero di persone generi un X numero di assunzioni. Questo per tanti motivi.
Quali?
Il primo è la tecnologia che soprattutto nel settore manifatturiero ha visto profondi cambiamenti nell’ultimo decennio. È vero che se un’impresa compra una macchina non per forza lascia a casa tutti. Ma magari pensa di non riassumere quando queste persone andranno in pensione. Non è assolutamente detto che chi faceva il tornitore con determinate competenze e che va in pensione oggi si veda sostituito da un altro perché magari c’è un macchinario che fa il lavoro di tre persone. Ne basta uno che lo gestisca. L’altro elemento è la riorganizzazione del lavoro, per cui a fronte delle uscite a volte si effettuano dei passaggi interni e si lasciano scoperte le posizioni più basse della catena che non è detto vengano riempite dai junior.
Ci sono poi gli effetti del decreto dignità sui contratti a termine. C’è un filo che li lega?
Secondo me sì. Immaginiamo che in un’azienda di 100 persone cinque dipendenti a tempo indeterminato vadano in pensione. In un disegno perfetto, per sostituirli, l’impresa dovrebbe assumerne altri cinque. Ma assumerli a tempo indeterminato non è una scelta che l’azienda fa a cuor leggero. Se li assume a termine ha tutte le problematiche che emergono dal decreto dignità: può assumere per 12 mesi, poi deve mettere la causale. Se può aumentare un po’ gli straordinari oppure riorganizzare il lavoro credo che scelga questa strada.
Nella legge di bilancio al momento non ci sono incentivi all’ingresso altrettanto forti come quelli in uscita. Al momento no. C’è un bonus per l’assunzione di giovani eccellenti ma parliamo di 6mila persone. A un certo punto Di Maio ha accennato alla possibilità che le imprese che assumono i percettori del reddito di cittadinanza percepiscano l’equivalmente del reddito per i primi 3-4 mesi. Se fosse confermato sarebbe comunque poco perché per un’impresa assumere a tempo indeterminato ha un costo rilevante e 3-4 mesi di decontribuzione massima di 780 euro non sembrano sufficienti.
Le riforme previdenziali degli anni scorsi hanno aumentato il tasso di occupazione degli over 50. C’è il rischio che torni a scendere? Sicuramente avremo una fuoriuscita di persone dal gruppo degli occupati verso gli inattivi. Al tempo stesso con il reddito di cittadinanza aumenteranno i disoccupati perché alcuni inattivi avranno tutto l’interesse ad andare in un centro per l’impiego e farsi certificare lo stato di disoccupazione e di ricerca attiva del lavoro. Quindi se il reddito di cittadinanza funzionerà aumenteranno i disoccupati. In una prima fase. Se poi funzionerà davvero troveranno lavoro. Ma non mi sembra un valore in sé che la gente cerchi lavoro senza trovarlo.
‘‘ Non è affatto certo che a tante uscite seguano tante entrate