Il Sole 24 Ore

Dai big della rete solo 15 milioni sono arrivati al Fisco nel 2017

- Marzio Bartoloni

In alcuni casi pagano in Italia lo stesso livello di tasse che potrebbe sborsare un piccolo artigiano con partita Iva o una micro-impresa. Eppure sono i giganti del web, in alcuni casi aziende che si preparano a diventare trilionari­e, ma in Italia (e in Europa) - in attesa che si definisca la tanto annunciata web tax - vesano ancora “spiccioli”. Secondo gli ultimi bilanci depositati al registro delle imprese delle Camere di Commercio, sei multinazio­nali del calibro di Airbnb, Amazon, Booking, Facebook, Google e Twitter hanno pagato in tutto nel 2017 circa 15 milioni di tasse al Fisco italiano. Una miseria. Anche se il vento negli ultimi anni sta già cambiando, come dimostrano, tra gli altri, gli accordi chiusi con l’agenzia delle Entrate sulle tasse arretrate non pagate da Google e da Amazon.

Il “trucco” ormai noto utilizzato da molte di queste multinazio­nali è quello di registrare nel nostro Paese solo una piccola parte delle entrate effettive realizzate dalle filiali, contabiliz­zando nei conti delle aziende controllan­ti - con sede dove si pagano meno tasse - gran parte del giro d’affari.

Se si vanno a leggere i dati degli ultimi bilanci depositati nel registro gestito da Infocamere si scopre infatti che le sei Srl aperte in Italia dai colossi del web hanno spesso un giro di affari e di conseguenz­a imposizion­i fiscali da piccolissi­me aziende. È il caso ad esempio di Facebook che è ormai tra i padroni assoluti del mercato pubblicata­rio su internet anche in Italia. Il famoso social network di Marck Zuckerberg nel 2017 ha registrato 10,9 milioni di ricavi da vendite e prestazion­i e ha pagato un totale di imposte sul reddito d’esercizio di 120mila euro (erano 267mila nel 2016).

Ancora più piccoli i numeri di altri due protagonis­ti del mondo digitale e della sharing economy: Twitter e Airbnb. Il conto economico della Srl con sede a Milano dei famosi cinguettii riporta un totale di ricavi poco superiore al milione di euro (1,132 milioni per l’esattezza) a fronte di imposte che ammontano nel 2017 a solo 1.337 euro (erano 177mila euro nel 2016).

Il portale degli affitti più utilizzato al mondo - che in Italia conta 360mila annunci e 8 milioni di arrivi nelle case presenti nella piattaform­a - registra ricavi per 3,2 milioni pagando in tutto imposte nel 2017 per quasi 132mila euro (erano 61.900 euro l’anno prima)

Sono un po’ più sostanzios­i i numeri di Google, Amazon e Booking. Il famoso sito per le prenotazio­ni ha sborsato 4,8 milioni in tasse l’anno scorso (33,7 milioni i ricavi), mentre il colosso di Mountain view nel 2017 ha pagato 5,6 milioni al Fisco italiano a fronte di 94,586 milioni di ricavi. Infine c’è il gigante dell’e-commerce: Amazon secondo il bilancio del 2017 ha pagato un conto al Fisco di 4,1 milioni di euro rispetto a circa 200 milioni di ricavi.

Per Google e Amazon va però ricordato che sono stati già siglati due corposi accordi con l’agenzia delle Entrate per fare “pace” con il Fisco italiano. Il verbale di “accertamen­to con adesione” che sigilla l’accordo con Mountain view del maggio 2017 prevede il versamento di 306 milioni di euro da parte di Google come arretrati per chiudere la lite fiscale sul periodo 2002-2015. Nell’accordo si stabilisco­no anche i criteri con i quali dichiarare al Fisco i redditi societari derivanti dall’attività sul territorio italiano (in attesa della web tax). Mentre per Amazon l’accertamen­to con adesione del dicembre 2017 prevede il pagamento al Fisco italiano di 100 milioni, somme relative al periodo tra il 2011 e il 2015. Anche in questo caso è partito un percorso finalizzat­o alla stipula di accordi preventivi per la corretta tassazione delle attività riferibili all’Italia.

L’anno scorso Google e Amazon hanno siglato un accordo con l’agenzia delle Entrate per fare pace con l’Erario

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