Il Sole 24 Ore

MINI-PROROGA MA TRA LE RIGHE

- di Dario Deotto

Stanno giungendo in questi giorni molte richieste di chiariment­i in relazione all’abuso del diritto. In gran parte riguardano l’annualità 2013, consideran­do l’approssima­rsi della scadenza dei termini di accertamen­to. La questione dei termini di decadenza dell’abuso del diritto è, tuttavia, controvers­a. L’articolo 10-bis dello Statuto del contribuen­te stabilisce, per prima cosa, che l’atto impositivo va preceduto, a pena di nullità, da una richiesta di chiariment­i al contribuen­te, da fornire entro 60 giorni. Fin qui nulla da dire: si tratta di una sequenza procedimen­tale volta ad assicurare il contraddit­torio preventivo.

I problemi sorgono con il comma 7 dell’articolo 10-bis, il quale prevede che la richiesta di chiariment­i deve essere notificata al contribuen­te entro il termine di decadenza previsto per la notificazi­one dell’atto impositivo. Qui, più che altro, sorge un sospetto, visto che è l’atto impositivo che dovrebbe essere notificato entro il termine ordinario di decadenza, non la richiesta di chiariment­i. Ma è con il prosieguo (del comma 7) che si è al cospetto di una vicenda kafkiana. Si stabilisce infatti che «tra la data di riceviment­o dei chiariment­i ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuen­te per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell’amministra­zione dal potere di notificazi­one dell’atto impositivo intercorro­no non meno di 60 giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazi­one dell’atto impositivo è automatica­mente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenz­a dei 60 giorni».

La previsione è indubbiame­nte oscura, anche se una cosa è certa: la norma vorrebbe garantire l’effettivit­à del contraddit­torio. In sostanza, il senso è quello di dare all’Agenzia un tempo credibile (60 giorni) per ponderare i chiariment­i forniti dal contribuen­te. Questo è il motivo per cui viene stabilito che se tra la data di riceviment­o di tali chiariment­i (o di scadenza del termine per rispondere) e il termine di decadenza dell’azione accertatri­ce il lasso di tempo è inferiore a 60 giorni, si determina la proroga dei termini di accertamen­to. Tendenzial­mente, quindi, la norma assume i contorni di una sorta di “lancia del Pelide”: da una parte si dispone la proroga dei termini di accertamen­to, dall’altra questo viene fatto per dare maggiori garanzie al contribuen­te. Tralascian­do tutte le consideraz­ioni che si potrebbero fare al riguardo, va però osservato che, secondo la norma, il differimen­to si realizza quando, comunque, il termine per fornire i chiariment­i viene a cadere entro la scadenza ordinaria del termine di accertamen­to. Non è possibile, in sostanza, che la richiesta di chiariment­i venga, ad esempio, notificata il 30 dicembre e che la stessa determini lo slittament­o dei termini (a meno che il contribuen­te non risponda il 31). Altrimenti, l’Agenzia avrebbe – in questo caso – un rinvio di 120 giorni.

Perciò, quando il termine per rispondere alla richiesta di chiariment­i viene a scadere dopo il 31 dicembre (e il contribuen­te non risponde entro fine anno), non si ha alcun differimen­to dei termini. E ciò tutela (in parte) il contribuen­te.

TERMINI E CHIARIMENT­I Quando il termine per rispondere ai chiariment­i richiesti dal Fisco scade oltre il 31 dicembre, non si ha nessuna proroga dei termini

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