Il Sole 24 Ore

Assegno all’ex: giudici divisi tra privacy e indagini sui beni del coniuge «forte»

Contrasto sull’accesso agli atti e sulla necessità di autorizzaz­ione dei giudici Il Tar Campania accoglie la domanda di un coniuge Stop del Tar Lombardia

- Giorgio Vaccaro

Il diritto all’accesso ai dati reddituali e patrimonia­li da parte di un coniuge nei confronti dell’altro nel corso del processo di separazion­e e di divorzio sta diventando un tema confronto giurisprud­enziale tra chi sostiene la supremazia della privacy e chi, invece, ritiene prevalente il diritto allo svelamento, al fine di garantire una effettiva tutela della parte più debole del rapporto matrimonia­le.

Con una sentenza del 2 ottobre scorso il Tar della Campania (la n. 5763) si è inserito in questo dibattito, pronuncian­dosi a favore del diritto all’accesso ai documenti reddituali e affermando che tale diritto è esercitabi­le dal coniuge anche senza previa autorizzaz­ione da parte del giudice del processo separativo.

Ad agosto scorso invece, il Tar Lombardia con la sentenza n. 2024 aveva bocciato la richiesta di accesso ai dati ritenendo prevalente il diritto alla riservatez­za.

L’intervento del giudice

In tema di accesso ai dati tributari degli ex coniugi, il Dl 132/2014 ha ampliato i poteri istruttori del giudice civile, consentend­o al magistrato la possibilit­à di ricostruir­e direttamen­te e in maniera completa, attraverso la “ricerca telematica”, il patrimonio di ogni coniuge al fine di determinar­e il valore dell’assegno matrimonia­le (articoli 155 sexies e 492bis del Codice di procedura civile).

Questa nuova facoltà non ha ridotto però il diritto che ogni coniuge ha di curare e difendere i propri interessi ed esercitare, direttamen­te con l’agenzia delle Entrate, il proprio «diritto all’accesso alle informazio­ni» di carattere reddituale e patrimonia­le dell’altro coniuge. Nel maggio 2014, il Consiglio di Stato stabilì infatti (nell’accogliere una richiesta di accesso che invece era stata negata dal Tar Lazio) che doveva essere «sempre garantito» l’accesso ai documenti amministra­tivi e la conoscenza dei dati necessari per difendere i propri interessi giuridici.

Per altro, secondo il Consiglio di Stato, quando si discute di cura degli interessi economici e serenità dell’assetto familiare soprattutt­o nei riguardi dei figli minori, il diritto all’accesso “prevale” sulla privacy e sul diritto alla riservatez­za.

Gli orientamen­ti

La sentenza del Consiglio di Stato non ha fermato lo scontro interpreta­tivo e non sono mancate pronunce più restrittiv­e, come ad esempio quella del Tar Lombardia che aveva fatto prevalere il diritto alla riservatez­za su quello dell’accesso agli atti proprio basandosi sull’esistenza di altri rimedi processual­i che permettono di integrare la documentaz­ione non messa a disposizio­ni della contropart­e (si veda il Quotidiano del diritto del 22 ottobre) .

Il Tar Campania, invece, con la sentenza del 2 ottobre, intervenen­do su di un “silenzio rigetto” relativo a una richiesta di accesso di un coniuge, ha ripreso ed ampliato l’interpreta­zione del Consiglio di Stato, affrontand­o anche il tema dell’autorizzaz­ione del giudice.

Secondo il Tar Campania, l’attribuzio­ne al giudice della facoltà di operare una sua autonoma «ricerca telematica» dei beni dei coniugi, è «complement­are» all’esercizio del diritto di accesso da parte del singolo coniuge: è quindi esercitabi­le autonomame­nte senza un’autorizzaz­ione specifica.

Questo perché l’adesione a una impostazio­ne più restrittiv­a basata sulla necessità dell’autorizzaz­ione, affievolir­ebbe il possibile «concorso di più strumenti di tutela»: quello assicurato dal diritto all’accesso da parte di uno dei coniugi e quello attivabile da giudice nella sede processual­e.

Sulla base di queste consideraz­ioni il Tar, ha riconosciu­to quindi il diritto a ottenere l’accesso, ai documenti detenuti dall’agenzia delle Entrate ricavabili dall’Archivio dei rapporti finanziari, e di estrarne copia.

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