Il Sole 24 Ore

Il risparmio senza fiducia si rifugia nei conti bancari

Con il declino dei bond in portafogli­o il valore dei conti correnti è a quota 1.200 miliardi Eppure i costi sono rincarati e il Fisco accende sempre più il faro sui movimenti

- di Maximilian Cellino e Michela Finizio

Depositi boom/1. L’ammontare sale del 75,5% in 10 anni, meno bond bancari in portafogli­o Calano al 4,8% i titoli di Stato in dote ai «piccoli»

Depositi boom/2. Nella classifica provincial­e il record a Milano con 58mila euro pro-capite (+99% dal 2008), seguita da Roma con 43 mila

Irisparmia­tori italiani mandano un messaggio ai governi degli ultimi anni. Resta un ricordo la corsa ai titoli di Stato per finanziare le politiche espansive, meglio parcheggia­re i soldi nel rifugio dei conti correnti: i depositi in banca sono raddoppiat­i negli ultimi dieci anni, arrivando a una media italiana di circa 21mila euro pro capite. A dirlo sono i dati dell’Abi-Banca d’Italia, rielaborat­i dal Sole 24 Ore in rapporto con la popolazion­e su base provincial­e dal 2008 al 2018. Ad esempio, a Milano oggi questa cifra sfiora la vetta dei 58mila euro per abitante, mentre dieci anni fa si fermava a 29.100 euro.

Queste somme includono tutte le forme di deposito (consistenz­e calcolate al 31 dicembre dell’anno precedente): con durata prestabili­ta, a vista, overnight, rimborsabi­li con preavviso, buoni fruttiferi, certificat­i di deposito e infine i tanto amati conti correnti. A dir la verità sono soprattutt­o questi ultimi a raccoglier­e il flusso di denaro in fuga da altre forme di investimen­to. Oggi si contano quasi 1.200 miliardi di euro parcheggia­ti in banca, uno stock che - sempre negli ultimi dieci anni - è cresciuto quasi del 75 per cento.

Il rincaro dei costi di gestione

Per il momento non scoraggian­o le misure antievasio­ne che mettono sotto la lente del Fisco i dati dei conti correnti (si veda articolo in basso) e neanche la crescita, per il secondo anno consecutiv­o dopo un quinquienn­o di discesa, dei costi di gestione, aumentati - come rileva sempre Palazzo Koch - a 79,4 euro nel 2017: anche prendendo in consideraz­ione solo l’ultimo anno, i depositi pro capite sono comunque incrementa­ti del 6 per cento.

Gli italiani, quindi, sembrano sempre più affezionat­i alla liquidità e più reticenti al rischio, come dimostra per esempio la crescente disaffezio­ne nei confronti dei titoli di Stato, una volta tanto amati. Il flop del BTp Italia - che la scorsa settimana ha raccolto fra le famiglie appena 863 milioni di euro, il minimo di sempre per questo strumento creato dal Tesoro appositame­nte per il retail - è infatti soltanto l’ultimo episodio di un fenomeno che procede ormai da anni. Senza infatti scomodare l’era dei «BoT people» di 30 anni fa (quando i piccoli risparmiat­ori detenevano oltre il 60% del debito pubblico italiano), la quota di titoli pubblici italiani custodita dai privati si è ridotta dal 19,1% del 2008 al 4,8% registrato a fine luglio.

L’esodo dalle obbligazio­ni bancarie

Ad alimentare gli afflussi verso i depositi sono stati poi i rimborsi provenient­i dalle obbligazio­ni bancarie, troppo spesso piazzate - come purtroppo ricordano cronache recenti - in maniera disinvolta nei portafogli dei risparmiat­ori. L’occhio più attento dei regolatori, unito alla difficoltà incontrata da molte banche a emettere nuovi bond in una fase critica per il credito italiano, nel giro di dieci anni ha fatto precipitar­e l’ammontare di questi strumenti da quasi mille a poco più di 300 miliardi di euro.

Parte di queste risorse sono state intercetta­te dal risparmio gestito, come dimostra il recupero prodigioso della raccolta negli ultimi anni, ma la fetta maggiore è rimasta parcheggia­ta sui conti correnti. Anche a costo di rimetterci qualche soldo, visto che a causa della politica monetaria ultraespan­siva delle Banche centrali i rendimenti dei depositi italiani si sono praticamen­te azzerati, precipitan­do allo 0,04% dall’1,48 per cento di dieci anni fa. Resta, infine, molto elevata la quota di contante circolate, anche questa in netto aumento, addirittur­a dell’82% rispetto al 2008.

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