Il Sole 24 Ore

La ristruttur­azione è una procedura concorsual­e

La Cassazione cambia rotta sulla qualificaz­ione giuridica: non è un negozio privato Il Codice in arrivo avvalora la tesi ma non è dirimente E restano molti dubbi

- Andreani e Ceradini

Cambio di rotta della Cassazione: gli accordi di ristruttur­azione sono procedure concorsual­i, e non uno strumento negoziale privatisti­co, perchè regolati dagli stessi meccanismi. Per la transazion­e fiscale, invece, servono termini più stringenti. Temi, questi, del convegno dedicato alla riforma del fallimento che si terrà domani alla sede di Milano del Sole 24 Ore in collaboraz­ione con Dentons.

È un deciso cambio di rotta quello imposto dal recente orientamen­to giurisprud­enziale di legittimit­à (Corte di cassazione, sentenze 1182/2018, 1896/2018, 9087/2018 e 16347/2018) alla qualificaz­ione giuridica della natura degli accordi di ristruttur­azione del debito, per alcuni aspetti in sintonia con la riforma della disciplina di crisi e insolvenza (il nuovo Codice della crisi) varata con lo schema di decreto attuativo approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 8 novembre e ora in attesa dei pareri parlamenta­ri.

Le sentenze

Secondo la Suprema corte gli accordi di ristruttur­azione sono procedure concorsual­i, e non uno strumento negoziale privatisti­co, in quanto regolati da meccanismi che le contraddis­tinguono, e precisamen­te: l’esenzione per gli atti compiuti in loro esecuzione dall’azione revocatori­a fallimenta­re, il deposito di un ricorso, la pubblicazi­one nel registro delle imprese, l’intervento del tribunale con il decreto di omologazio­ne e la disponibil­ità di misure protettive temporanee.

Le conseguenz­e di questo “nuovo corso” potranno essere rilevanti, sia in termini sia processual­i sia di autonomia ed efficienza negoziale.

La questione è delicata perché non esiste una definizion­e giuridica di procedura concorsual­e cui riferirsi, né decisioni e tantomeno orientamen­ti) giurisprud­enziali che ne abbiano delineato la nozione, cosicché il perimetro rimane irrimediab­ilmente incerto. L’esame trasversal­e della disciplina fallimenta­re consente di individuar­ne i tratti tipici (si veda la grafica qui a destra), utili ai fini classifica­tori ma privi, ovviamente, di effetti cogenti.

L’analisi delle motivazion­i

Non resta quindi che esaminare singolarme­nte le motivazion­i addotte dalla Suprema corte. L’esenzione dall’azione revocatori­a non appare decisiva, posto che costituisc­e l’effetto naturale anche del piano attestato di risanament­o, che la stessa Corte di cassazione (sentenza 1895/2018) esclude dal novero delle procedure concorsual­i, assegnando­gli natura di convenzion­e stragiudiz­iale.

Analoga valutazion­e per la pubblicità derivante dall’iscrizione nel registro delle imprese, che tra l’altro è richiesta per tutte le operazioni straordina­rie, che con crisi e insolvenza nulla hanno a che fare.

L’intervento del tribunale nell’omologa dell’accordo di ristruttur­azione del debito appare molto limitato rispetto alle verifiche di fattibilit­à giuridica ed economica cui è tenuto nel concordato preventivo.

Infine, le misure protettive che inibiscono temporanea­mente l’iniziativa individual­e del creditore a favore del concorso, unico punto di vero contatto tra l’accordo di ristruttur­azione e il concordato preventivo, sembrano più funzionali a creare le condizioni per il superament­o della crisi che a contraddis­tinguere una procedura concorsual­e, posto che nella prospettiv­a della riforma diverranno disponibil­i anche nell’ambito delle procedure di allerta, che di concorsual­e non hanno certamente nulla.

Le motivazion­i, in sostanza, appaiono incerte, e nulla dicono su universali­tà e concorsual­ità della regolazion­e, aspetto che segna oggi il vero confine tra una procedura concorsual­e, in cui è inderogabi­le la parità di trattament­o dei creditori, e l’accordo, in cui il debitore è libero di scegliere con chi accordarsi e come, benefician­do i diritti dei creditori degli effetti protettivi del dissenso.

Il nuovo Codice della crisi

Sul punto specifico nemmeno la riforma è dirimente. Si prevedono elementi nuovi, tra cui la limitazion­e della sovranità del debitore sull’impresa e la possibilit­à di nomina di un commissari­o in presenza di istanze di liquidazio­ne giudiziale, che riducono la distanza tra accordo di ristruttur­azione e procedure concorsual­i, pur senza annullarla. È una logica di tutela comprensib­ile, nella misura in cui la riforma prevede che a precise condizioni gli effetti dell’accordo possano travalicar­e la dimensione puramente negoziale, ed estendersi ai dissenzien­ti. Ma nel tempo che ancora c’è per il varo definitivo - probabile entro gennaio - e i 18 mesi della successiva vacatio legis , si può sperare in qualche precisazio­ne.

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