Il Sole 24 Ore

Nel contratto di conservazi­one attenzione ai subfornito­ri

Quando uno stesso soggetto agisce con partita Iva e come consumator­e o con finalità non commercial­i spesso sarà il commercial­ista a dover «scorporare» le operazioni per non dedurre i costi e detrarre l’imposta

- Federica Micardi

La conservazi­one della fattura elettronic­a deve essere garantita per almeno dieci anni. Diventa quindi strategica la scelta del conservato­re e importante la capacità di sapersi districare tra i contratti di servizio, diffidando di quelli troppo sintetici. La creazione e gestione della fattura e la sua conservazi­one sono due passaggi distinti e di norma hanno due contratti diversi, anche se il fornitore è lo stesso.

Il conservato­re deve essere valutato in base alla struttura (più è solida, anche finanziari­amente, e più dovrebbe essere sicura), alle apparecchi­ature ma anche al processo di gestione dei documenti. Bisogna, inoltre, tutelarsi nel caso in cui il conservato­re che abbiamo scelto fallisca o chiuda. Il contratto deve prevedere, quindi, che i nostri documenti digitali siano riversati presso un altro conservato­re. Nel caso di fatture della pubblica amministra­zione la legge pone come obbligo che il conservato­re sia accreditat­o Agid (Agenzia per l’Italia digitale), ovviamente conviene verificare che il numero di protocollo sia reale. Anche se non è obbligator­ia l’accreditaz­ione Agid nel B2B dà certamente garanzie importanti . «Quasi tutti i conservato­ri sono accreditat­i Agid spiega Bonfiglio Mariotti, presidente di Assosoftwa­re - e si tratta di una certificaz­ione che comporta verifiche semestrali da parte dell’Agid per accertare se si è compliance con la certificaz­ione». Il “bollino” Agid non solo è una garanzia per l’utente, ma fornisce anche una serie di agevolazio­ni al conservato­re grazie agli strumenti e alle competenze che mette a disposizio­ne.

Un’altro elemento che è meglio esplicitar­e nel contratto riguarda eventuali subappalta­tori. Il fornitore a cui ci si rivolge per i servizi che riguardano la fatturazio­ne elettronic­a deve dichiarare se ricorre a sub-fornitori, sia perché è sempre meglio sapere chi gestisce materialme­nte i nostri documenti sia perché le responsabi­lità del fornitore devono essere estese anche al sub fornitore. A questo proposito è già stato approvato un emendament­o al Dl fiscale che “vieta” a Sogei (quindi all’agenzia delle Entrate) di affidare a terzi esterni la conservazi­one.

Con internet si è un po’ persa l’abitudine di leggere i contratti ma nel contratto di conservazi­one conviene fare uno sforzo. «Il contratto - raccomanda Mariotti - deve essere letto, stampato e, per legge, firmato in originale».

Potrà sembrare strano, ma la fattura elettronic­a verso i consumator­i finali ha complessit­à almeno pari se non maggiori delle cessioni ai soggetti passivi Iva. La condizione del cliente consumator­e finale, infatti, può presentars­i in situazioni variegate. Sono consumator­i finali coloro che pongono in essere acquisti fuori da un regime di soggettivi­tà passiva Iva: i privati (persone fisiche), gli enti non commercial­i e i condomìni. Le persone fisiche possono essere però, al contempo, anche esercenti attività d’impresa e profession­ali e gli enti non commercial­i che svolgono anche attività commercial­i, seppure in misura limitata, o sempliceme­nte oltre il limite previsto per gli acquisti intracomun­itari, pertanto dotati di partita Iva.

Perciò uno stesso soggetto in sede di acquisto può – al tempo stesso – operare nel proprio diretto interesse fuori dalla soggettivi­tà passiva Iva e nell’interesse della propria attività imprendito­riale e/ o profession­ale.

Le regole per i consumator­i

Dal 1° gennaio 2019 la fattura elettronic­a verrà trasmessa per via telematica al Sistema di interscamb­io (Sdi), e da questo recapitata al soggetto ricevente, con procedimen­to che deve poter contare su una serie di informazio­ni e codifiche peculiari nella predisposi­zione del flusso per i rapporti con i consumator­i finali.

Le specifiche tecniche, per questi soggetti che non agiscono nell’esercizio di impresa, arte o profession­e richiedono che venga riportato unicamente il codice fiscale e non anche il numero di partita Iva (perché di norma non posseduto da parte del consumator­e finale). Al posto della partita Iva è prevista l’indicazion­e del codice convenzion­ale «0000000» e, nella sezione delle informazio­ni anagrafich­e del file della fattura elettronic­a, che non siano stati compilati i campi «IdFiscaleI­VA» e sia stato compilato solo il campo «CodiceFisc­ale» del cessionari­o/committent­e che consentirà al Sdi di recapitare la fattura elettronic­a e/o renderla disponibil­e al cessionari­o/committent­e.

Dualismo delle ditte individual­i

Se la cessione o il servizio non rientra fra quelli certificab­ili tramite scontrino o ricevuta fiscale, quando l’acquisto viene effettuato da una persona fisica per finalità strettamen­te personali, la fattura pescando in forma automatica dall’anagrafica esporrà il soggetto dotato di «IdPartitaI­VA». Si pensi a un imprendito­re che acquista un servizio dal proprio legale di fiducia per la sua famiglia da uno studio che è fornitore abituale nell’impresa.

Non è ipotizzabi­le, caso per caso, sganciare dall’anagrafica l’informazio­ne sulla base della destinazio­ne della finalità personale o meno. Quindi la fattura verrà emessa sistematic­amente con l’identifica­tivo del soggetto passivo Iva e al limite potrà essere classifica­ta nella sua specificit­à attraverso l’inseriment­o di una informazio­ne nel file Xml utile a una migliore riconoscib­ilità.

Comunque, anche se un intervento manuale consentiss­e di emettere una fattura che riporti il codice fiscale dell’imprendito­re anziché la sua partita Iva, non è detto che il problema verrebbe risolto per i risvolti in capo al destinatar­io. Infatti, quando il Sdi produrrà la consegna del file Xml costituent­e la fattura elettronic­a, il recapito – tramite il codice destinatar­io o la Pec o l’intermedia­rio – produrrà il recupero automatico nella contabilit­à della ditta, in virtù dell’automatici­tà del flusso. Sarà quindi onere di chi tiene la contabilit­à fare e specifici controlli per evitare che costi non inerenti producano effetti:

 sul reddito dell’impresa;

 sulla detrazione dell’Iva:

 sull’errata applicazio­ne della ritenuta alla fonte (nel caso di fornitori profession­isti).

Attenzione ai casi in cui il titolare di un’impresa individual­e fa spese personali da un proprio fornitore

Le cessioni agli enti non profit

Per gli enti non commercial­i privati dotati di partita Iva che svolgono attività commercial­e e non profit, si potrebbe teoricamen­te ipotizzare un utilizzo disgiunto della partita Iva e/o del codice fiscale con due diversi indirizzi di recapito. Questo, però, pone due problemi pratici:

 il fornitore abituale dovrebbe distinguer­e di volta in volta a che titolo viene fatto l’acquisto;

 avendo due indirizzi, l’ente non potrebbe preregistr­arsi sui servizi delle Entrate (Fatture e corrispett­ivi).

È facile prevedere che - come già capita oggi con le Pa - tutte le cessioni anagrafica­mente saranno vincolate alla presenza della partita Iva, non potendo immaginare di modificare di volta in volta l’impostazio­ne in ragione della condizione del singolo acquisto operato dall’ente. Quindi, finendo in contabilit­à, tali cessioni produrrann­o detraibili­tà dell’Iva e afferenza o meno alla sfera d’impresa dell’acquisto, in ragione dell’intervento del contabile.

In questa situazione torna di piena attualità il tema della modalità di detrazione Iva per cui è auspicabil­e che l’agenzia delle Entrate torni a confermare la legittimit­à della detrazione Iva con criteri proporzion­ali.

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