Il Sole 24 Ore

Medici di strada per assistere gli ultimi

- Barbara Gobbi

«L’asse portante sono i profession­isti in pensione, dal medico di medicina generale al professore universita­rio allo specialist­a. Ma al loro fianco ci sono anche i giovani e questo consente di coniugare l’entusiasmo di chi inizia la carriera all’esperienza dei più anziani». Salvatore Geraci, “medico di strada” da 32 anni e coordinato­re sanitario di Caritas italiana, che nel Paese conta una quarantina di centri, traccia l’identikit del camice bianco “pro bono”.

Destinatar­i d’elezione, immigrati cosiddetti “Stp” (stranieri temporanea­mente presenti) e “irregolari” ma anche, e sempre più spesso italiani, senza fissa dimora o che non possono permetters­i le cure più costose come l’odontoiatr­ia. Per questi ultimi a Roma è stato attivato l’ambulatori­o dentistico di Ponte Casilino, mentre alla stazione Termini c’è la sede del poliambula­torio dove da 35 anni un’ottantina di medici volontari offre essenzialm­ente cure di base.

«Tra le prestazion­i più fornite – afferma Geraci – c’è la medicheria, dedicata a quelle persone escluse da tutto, perché senza l’iscrizione al Ssn non hanno un medico di base, se vanno in Pronto soccorso non sono in condizioni così gravi da ricevere cure immediate oppure perché necessitan­o di assistenza continuati­va. E se l’80% dei casi li risolviamo con il dispensari­o rifornito da Banco farmaceuti­co, da medici o da singoli cittadini grazie alla legge Gadda contro lo spreco di medicine, negli anni ci siamo attrezzati anche con la piccola diagnostic­a». Molti volontari sono infatti anche specialist­i e rispondono alle nuove esigenze dei pazienti: negli anni tra gli stranieri si è infatti avuta una transizion­e epidemiolo­gica dalle malattie infettive alla cronicità.

«Abbiamo quattro studi aperti contempora­neamente – spiega Geraci – e un utente può ricevere sia la visita di base sia elettrocar­diogramma o ecografia. In più, grazie al ricettario rosa, possiamo prescriver­e visite specialist­iche. Così il “pro bono” esce dall’ambulatori­o: una rete di laboratori regala analisi ai più fragili. La nostra attività è rivolta agli ultimi, guai a pensare che il privato sociale possa sostituire il Ssn».

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