Solo nel 17% dei casi c’è un «price manager» per l’offerta al cliente
Sempre più collaboratori addetti al marketing e alla comunicazione nei grandi studi legali, ma ancora oggi nella maggior parte delle realtà è assente un vero e proprio price manager. Secondo la ricerca Mopi 2018 dedicata al marketing negli studi legali, infatti solo il 17% delle realtà interpellate ha inserito in staff questa figura.
Numeri molto lontani dalle realtà americane: qui il price manager è ormai una figura molto diffusa e non solo nelle grandi law firm. Eppure il ruolo potrebbe essere strategico. Di fatto il price manager fa in modo che tra l’offerta del socio e la richiesta di quotazione del cliente ci sia allineamento. Si interfaccia sia con l’avvocato che con il procurement del cliente . «Non si tratta certo di inventare un’offerta - spiega il direttore di Legalcommunity, Nicola Di Molfetta -. Di volta in volta si studiano i casi analoghi così come lo storico dei rapporti con quel cliente».
La performance dello studio
Una posizione in cui sempre di più sono richieste competenze specialistiche. Perché se è vero che la scelta finale sull’offerta spetta pur sempre al general counsel, di fatto il price manager si confronta con la funzione acquisti del cliente, dove sempre di più non è solo l’offerta economica ad essere valutata ma anche la performance dello studio (il cosiddetto track record degli incarichi passati).
Come mai in Italia questo ruolo stenta a decollare? «Credo che le difficoltà siano soprattutto culturali - risponde Di Molfetta -. Il professionista ancora oggi preferisce gestire il rapporto con il cliente dall’inizio fino alla fine, compresa la definizione del pricing della prestazione». E continua: «Probabilmente il confronto con un soggetto terzo è ancora vissuto come un’interferenza e si intende privilegiare il rapporto diretto avvocato-cliente».
LA NUOVA ROTTA
Il business development
Allargando lo sguardo dalla ricerca emerge che è proprio l’intera funzione di business development ad essere ancora poco sviluppata negli studi legali. Il lavoro quindi resta incentrato sulle funzioni di back office e poco aperto verso l’esterno. Nella classifica delle attività più frequenti tra gli addetti al marketing, ad esempio, le interviste con i clienti e più in generale la partecipazione agli incontri con i clienti occupano l’ultimo posto e vengono svolte solo nel 29% dei casi. In altre parole quella che in America è un’abitudine consolidata, da noi di fatto è un “privilegio” di poche persone.
E non è neanche una questione di seniority: la survey infatti evidenzia che nello specifico dell’attività di business development negli studi legali, quasi un professionista su 3 (28,9%) lavora in studio da 11 a 20 anni. Più in generale per tutto il marketing, chi ha risposto al questionario dichiara di avere dagli 11 ai 20 anni di esperienza lavorativa alle spalle nel 39% dei casi. A questi se ne aggiunge un altro 18,4% che addirittura lavora da più di 20 anni.