Il Sole 24 Ore

Profession­isti al bivio della partita doppia

Dal 2019 la flat tax sarà estesa fino a 65mila euro ma agli studi grandi può convenire il sistema più complesso

- Stefano Mazzocchi

Con l’avvicinars­i dell’ultima parte dell’anno molti profession­isti iniziano a valutare alcune variabili fiscali fra le quali certamente il fatturato e la marginalit­à raggiunta nel periodo d’imposta. Molto spesso, specialmen­te in presenza di strutture con una moltitudin­e di profession­isti, per una migliore gestione dello studio può convenire adottare un sistema contabile complesso e strutturat­o, in qualche modo equiparabi­le alla classica contabilit­à ordinaria di un’impresa.

Per i profession­isti, però, il regime contabile naturale è quello forfettari­o. Quindi, l’eventuale adozione di un sistema contabile ordinario può avvenire solo per opzione (irrevocabi­le per un triennio), da esercitars­i in sede di dichiarazi­one Iva (entro il 30 aprile). Ma prima di optare per il regime ordinario occorre tenere presente che chi resta in quello forfettari­o dal prossimo anno potrà beneficiar­e della flat tax al 15% per i compensi fino a 65mila euro.

Tornando però ai profession­isti di maggiori dimensioni, per i soggetti che optino per la contabilit­à ordinaria, l’articolo 19 del Dpr 600/73 prevede che oltre ai registri obbligator­i ai fini Iva, sia necessario istituire anche il registro cronologic­o dei movimenti finanziari in cui riportare in modo temporalme­nte progressiv­o i movimenti rilevanti che influenzan­o il risultato d’eser- cizio. Elemento comune fra i due modelli di tenuta contabile (ordinario o semplifica­to), è rappresent­ato dal principio di cassa ai fini della determinaz­ione del reddito imponibile, a prescinder­e dalle modalità di tenuta della contabilit­à.

Il regime di determinaz­ione del reddito imponibile è identico anche per i contribuen­ti (imprendito­ri individual­i o società di persone) che svolgono attività d’impresa. E per effetto anche di questa assimilazi­one fra lavoratori autonomi e imprendito­ri, già in passato l’agenzia delle Entrate aveva acconsenti­to alla tenuta del registro dei movimenti finanziari anche con il metodo contabile della partita doppia.

A livello normativo, questa possibilit­à è stata riconosciu­ta dall’articolo 2 del Dm 20 dicembre 1990. La partita doppia consente di impiegare – seppur con le opportune rettifiche e variazioni - situazioni riassuntiv­e assimilabi­li ad uno stato patrimonia­le o a un conto economico. Ma con una importante differenza: per determinar­e il reddito imponibile resta il regime di cassa, al posto del principio di competenza, di solito utilizzato nelle società.

E infatti molto spesso i software per la tenuta della contabilit­à adottano in modo indistinto il modello contabile ordinario riferibile alle imprese, con molteplici vantaggi e talune ombre applicativ­e (elencati qui a fianco.) Tra i punti da valutare con attenzione c’è la necessita di far quadrare i prelievi in conto utile da parte del profession­ista o dei soci di associazio­ni profession­ali con l’imponibile fiscale effettivam­ente dichiarato. Un elemento che ora è di grande attualità in quanto è in discussion­e una norma nel Ddl semplifica­zioni secondo cui, per effetto di una specifica opzione in dichiarazi­one dei redditi, il reddito di lavoro autonomo, se non prelevato dal profession­ista, sarà escluso dalla formazione del reddito complessiv­o ai fini Irpef e assoggetta­to a tassazione separata con l’aliquota del 24% (con un nuovo articolo 53bis del Tuir).

Tornando agli elementi di raccordo fra contabilit­à e determinaz­ione del reddito imponibile da attribuire al profession­ista o al socio di associazio­ni profession­ali, è chiaro che più la contabilit­à tenuta in partita doppia sarà aderente al principio di cassa e meno variazioni extra contabili saranno necessarie per avvicinare il risultato d’esercizio ottenuto al reddito imponibile determinab­ile sulla base delle disposizio­ni normative del Tuir.

Questa impostazio­ne trova una limitazion­e poiché nel determinar­e il reddito di lavoro autonomo vi sono alcuni costi che devono essere imputati per competenza invece che per cassa: basti pensare, nell’ambito del reddito profession­ale, agli ammortamen­ti dei beni strumental­i, ai canoni di leasing, alle spese di ristruttur­azione di immobili e più in generale alle quote di indennità di Tfr maturate nel periodo di imposta. In questi casi sarà necessario operare le conseguent­i variazioni extraconta­bili.

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