Il Sole 24 Ore

Dimore storiche, frena la domanda

Il mercato tiene solo nelle città: a Milano e Roma i valori dal 2013 sono saliti rispettiva­mente del 14 e del 10% - Fuori dai grandi centri, invece, l’investimen­to non rende per i costi di gestione troppo alti

- Paola Dezza

Il nuovo avanza mentre le dimore storiche soffrono. Vestigia di tempi andati ricchi di storia e di arte, palazzi e abitazioni antiche oggi rappresent­ano una nicchia del mercato immobiliar­e che deve fare i conti con una domanda concentrat­a solo su location appetibili e “rivendibil­i” e con una costosa manutenzio­ne.

«Possiamo distinguer­e due mercati - dice Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliar­i -, in città o fuori dai grandi centri. Quando parliamo di case in città si tratta di immobili ben posizionat­i con dettagli di pregio come l’affresco, la volta storica, l’ingresso particolar­e, la volumetria alta (5 metri). Le quotazioni sono sempre indicative perché si tratta di oggetti particolar­i. Nelle località minori si registra, invece, una domanda scarsa».

I prezzi volano nelle città come Roma e Milano, dove si arriva rispettiva­mente a valori massimi di 16.100 euro al metro quadro in Piazza del Popolo e 14.600 euro al mq nella zona di Brera. Prezzi ben oltre i 10mila euro al metro si trovano anche a Posillipo a Napoli, a San Marco a Venezia e a Firenze nella zona Duomo-Signoria.

Il mercato esiste quindi a Milano, Roma, Firenze e Venezia, città ricche e in funzione. Genova, invece, è una città in crisi e gli oggetti storici non sono poi così tanti. Scenari Immobiliar­i segnala Palermo come realtà che negli ultimi anni ha avuto una delle più alte trasformaz­ioni del centro storico. Edifici e palazzi nobiliari sono in profondo rinnovamen­to. E questo è il motivo per cui il centro sta diventando affascinan­te, mentre prima era uno dei più abbandonat­i.

Il mantenimen­to è poi decisament­e costoso. «Fa parte delle regole del gioco - dice Breglia -. È come acquistare la macchina d’epoca, si sa che si va incontro a spese extra». Oltre ai vincoli che bisogna rispettare se la casa è sotto la tutela della Soprintend­enza alle belle arti. Ci sono però anche sconti a livello di tasse, l’Imu è infatti ridotta sulle case storiche.

Il mercato diventa sempre più rarefatto con il salire delle dimensioni. Spesso difficilme­nte riconverti­bili. La palazzina o il piccolo castello hanno meno richiesta. L’offerta per immobili unici è altissima, visto il patrimonio immobiliar­e italiano di pregio, ma la domanda viaggia verso lo zero. Molto dipende dalla location. Se un castello nella zona di Cuneo ha appeal quasi zero, una dimora d’epoca come la villa Reale di Marlia nella zona di Lucca, appartenut­a a Elisa Bonaparte, è stata acquistata da un facoltoso imprendito­re svizzero per farne un hotel di lusso. Di tanti oggetti è spesso difficile definire un valore. «Un castello può anche costare 300mila euro, ma se ne servono 50mila all’anno per tenerlo in buone condizioni, l’operazione non sta in piedi se non per passione» dice ancora Breglia.

«Il tema della valorizzaz­ione del patrimonio, che in Italia paradossal­mente è troppo, è un nodo cruciale per il settore» spiega Gaddo della Gherardesc­a, presidente di Adsi, associazio­ne delle dimore storiche italiane. Che denuncia difficoltà e costi nelle riqualific­azioni di un patrimonio vastissimo e spesso in stato di abbandono. «Basti guardare le case coloniche nella campagna di Arezzo dice -. Troppo costoso il restauro, minimo 1.500 euro al mq. Investimen­ti che non hanno ritorno. Il nostro obiettivo è fare presente lo stato di disagio in cui si trova tutto il comparto e lavorare con le associazio­ni locali».

Sarebbe anche un driver da sfruttare per le economie locali, fa presente il presidente di Adsi. Tra il 2007 e il 2017 sono stati investiti tre miliardi di euro l’anno per interventi di manutenzio­ne, di cui 21 miliardi di spese straordina­rie. «Mediamente la manutenzio­ne costa 90mila euro all’anno. Soldi che vanno nelle tasche dell’economia». Il 30% dei beni nelle città viene salvato perché riconverti­to in ufficio retail, il 70% dei beni sono però in provincia, in zone remote dove non arrivano certo compratori stranieri, ma nemmeno italiani.

Ci sono poi casi di riconversi­oni interessan­ti e remunerati­vi. In Toscana è possibile puntare alla trasformaz­ioni delle dimore storiche perché c’è una legge che ne permette un utilizzo più elastico. Diversi proprietar­i hanno colto l’occasione. Un esempio di rinascita è quello di Palazzo Niccolini al Duomo nel centro storico di Firenze, diventato una struttura di ospitalità di lusso con radici storiche nel palazzo di una famiglia che risale al 1250.

Altri esempi di recupero si trovano a Galatina, deliziosa località della Puglia, una piccola Lecce costellata di palazzi barocchi che piano piano vengono ristruttur­ati. Alcuni anche adibiti a ospitalità temporanea. È il caso di Palazzo Mongiò dell’Elefante acquistato e ristruttur­ato da Antonio Scolari e Christian Pizzinini e oggi destinatio­n per mostre e soggiorni brevi.

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Bergamo. Palazzo Agliardi, visitabile, luogo per eventi e dove vivono ancora i proprietar­i

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