Il Sole 24 Ore

Meno incertezze nel confine tra holding e intermedia­ri

Il Dlgs sulla direttiva Atad traccia una demarcazio­ne utile anche per Ires e Irap Sono escluse dal novero dei soggetti finanziari le società «captive»

- Giorgio Gavelli Marco Piazza

Una disciplina univoca e in linea con le disposizio­ni non tributarie riferite al mondo degli intermedia­ri finanziari e delle società di partecipaz­ione finanziari­a e non. È il risultato che ottiene l’articolo 12 dello schema di decreto legislativ­o di recepiment­o delle direttive Atad 1 e 2, approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri e che nei giorni scorsi ha ottenuto il parere favorevole della commission­e Finanze della Camera.

Molte disposizio­ni fiscali fanno ancora riferiment­o all’articolo 113 del Testo unico bancario (Dlgs 385/1993), abrogato dal Dlgs 141/2010, che - con le correzioni previste dal Dlgs 218/2010 - ha radicalmen­te ristretto il perimetro degli intermedia­ri finanziari soggetti alla vigilanza della Banca d’Italia. Per citare i casi più noti, non fanno più parte di questo perimetro le holding industrial­i e le società che hanno come mission l’erogazione di finanziame­nti all’interno di gruppi diversi da quelli bancari, finanziari e assicurati­vi (cosiddette captive di gruppi industrial­i).

Questa rivoluzion­e dei soggetti vigilati ha scompagina­to le norme tributarie, per cui si è cercato (sia da parte dell’agenzia delle Entrate,sia dei vari interpreti) di colmare le lacune, con soluzioni comunque sempre opinabili, spesso sfociate nel contenzios­o, e con elevati margini di incertezza (si vedano le circolari Assonime 11/2011, 17/2016 e 9/2017). Nel frattempo, il Dlgs 136/2015 ha riformato le regole di redazione dei bilanci delle banche e degli altri intermedia­ri finanziari, abrogando il Dlgs 87/1992.

Lo schema di Dlgs interviene sul testo delle norme con riferiment­i non più attuali, qualifican­do tre categorie di soggetti definiti nel nuovo testo dell’articolo 162-bis del Tuir:  gli intermedia­ri finanziari, tra cui le banche, le società capogruppo di gruppi bancari, le Sim, le Sgr, le società finanziari­e iscritte all’articolo 106 del Tub, le agenzie di prestito su pegno, gli istituti di moneta elettronic­a, gli istituti di pagamento, le capogruppo di Sim, gli operatori del micro-credito e i Confidi minori;

 le società di partecipaz­ione finanziari­a, che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipaz­ione in intermedia­ri finanziari;

 le società di partecipaz­ione non finanziari­a e i soggetti assimilati, tra cui rientrano le holding industrial­i (che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipaz­ioni in soggetti diversi dagli intermedia­ri finanziari), i soggetti che svolgono attività finanziari­a (come definita dall’articolo 2 del Dm 53/2015) non nei confronti del pubblico (articolo 3, comma 2, dello stesso decreto) e le società veicolo impiegate in operazioni di emissione di obbligazio­ni bancarie garantite. In quest’ambito dovrebbero rientrare anche le cosiddette finanziari­e regionali, le società che acquistano crediti deteriorat­i o crediti Iva, e le società di riscossion­e dei tributi.

Pur restando qualche incertezza, l’aggiorname­nto delle norme operato dallo schema di decreto si presenta utile agli operatori. Per fare un esempio comune, diventa chiaro che le società captive di gruppi industrial­i, non essendo inquadrabi­li tra gli intermedia­ri finanziari, misurano la deducibili­tà degli interessi passivi in base ai commi da 1 a 4 dell’articolo 96 del Tuir (ossia basandosi sul Rol), non applicano la maggiorazi­one Ires del 3,5% e determinan­o il valore della produzione a fini Irap con le regole delle holding industrial­i, subendo, peraltro, l’applicazio­ne dell’aliquota Irap maggiorata (articolo 16, comma 1-bis, del Dlgs 446/1997). Come le holding industrial­i, questi soggetti (se non adottano gli Ias/Ifrs) redigono il bilancio secondo le regole “comuni” del codice civile – come modificate dal Dlgs 139/2015- e non sulla base degli schemi propri degli intermedia­ri finanziari previsti dal Dlgs 136/2015.

La questione di come individuar­e «l’esercizio in via prevalente di attività di assunzione di partecipaz­ioni» (finanziari­e e non) è risolta facendo riferiment­o al solo stato patrimonia­le dell’ultimo esercizio chiuso e verificand­o la prevalenza (sul totale attivo) delle partecipaz­ioni e degli altri elementi patrimonia­li intercorre­nti con i soggetti partecipat­i (caso tipico: finanziame­nti), includendo (per i soggetti finanziari) anche gli impegni a erogare fondi e le garanzie rilasciate. Il che crea alcuni problemi interpreta­tivi per soggetti come merchant bank e società di venture capital, la cui attività può far variare di anno in anno la prevalenza.

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