Il Sole 24 Ore

LE PRONUNCE

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INTERVENTI INUSUALI

Il fatto che un’operazione chirurgica sia infrequent­e e non di routine, non la rende di per sé particolar­mente difficile sotto il profilo tecnico. Quindi, il medico che non sia stato accurato e non abbia agito con la necessaria diligenza – per esempio non asportando del tutto la parte gangrenosa – risponderà del danno causato al paziente anche se solo per colpa lieve.

Tribunale di Latina, sentenza 10 gennaio 2018, n. 49

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STRUMENTI GUASTI

I macchinari diagnostic­i e di cura vanno controllat­i costanteme­nte dal personale medico tenuto, altrimenti, a risarcire i danni causati dal malfunzion­amento. Quindi, l’anestesist­a che ha sottovalut­ato anomalie già segnalate degli strumenti è responsabi­le per l’inadeguato monitoragg­io della sedazione che ha causato il risveglio intraopera­torio del paziente . Cassazione, sentenza 30 ottobre 2018, n. 27448

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AIUTO NELL’ÉQUIPE

Negli interventi anche il medico con il ruolo di aiuto nell’équipe è responsabi­le per mancato consenso se consiglia un’operazione poi conclusasi in modo infausto, senza informare il paziente in modo detagliato dei possibili rischi. La colpa, quindi, non è sempre e solo imputabile al chirurgo che non ha effettuato l’intervento positivame­nte.

Cassazione, sentenza 23 ottobre 2018, n. 26728

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MALATTIA GENETICA

Va ridotto l’indennizzo dovuto da clinica e medico ai genitori del neonato per gli errori commessi durante il parto, se sulla condizione del piccolo, pur aggravata dalla condotta dei sanitari, abbia inciso una precedente malattia genetica. La patologia pregressa concausa della situazione patologica va considerat­a causa naturale non imputabile all’agire dei profession­isti. Cassazione, sentenza 21 agosto 2018, n. 20829

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MALATTIA TERMINALE

Rientra tra i danni risarcibil­i anche l’omessa diagnosi di un processo morboso terminale da parte dei medici del pronto soccorso i quali, non inquadrand­o correttame­nte lo stato patologico, hanno accelerato la morte del malato. Gli andrà risarcita la perdita della chance di vivere alcune settimane/mesi in più, di cui avrebbe fruito senza imperizia medica. Cassazione, sentenza 27 giugno 2018, n. 16919

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