Il Sole 24 Ore

Tim, Vivendi: assemblea subito

La partita Telecom. I francesi tornano in pressing su Elliott per la chiamata dei soci e trovano la sponda dei sindaci Il fronte Mediaset. Respinta l’impugnativ­a di Simon Fiduciaria: spianata la strada all’arrocco di Fininvest

- Antonella Olivieri

Col 23,94% del capitale ordinario Vivendi è in condizione di chiedere l’assemblea in ogni momento

Il collegio sindacale Telecom dà un (involontar­io) assist a Vivendi per tornare in sella alla compagnia telefonica, mentre la linea dei francesi subisce uno scotto giudiziari­o nella querelle con Mediaset.

Vivendi ieri è tornata a reclamare la convocazio­ne di un’assemblea Telecom per la nomina dei revisori. «Per una società delle dimensioni di Tim sarà difficile rimanere “senza” revisori dopo il 31 di dicembre, soprattutt­o consideran­do tutti i recenti problemi di governance che hanno portato al licenziame­nto del ceo (Amos Genish). Per questo, i consiglier­i di Elliott dovranno probabilme­nte chiamare un’assemblea in tempi molto rapidi, senza aspettare aprile», ha dichiarato da Parigi il portavoce della media company. Poco importa che nell’aprile scorso fosse stato proprio il voto del primo azionista transalpin­o a impedire che la scelta fosse fatta nei tempi opportuni, cioè con un anno d’anticipo rispetto alla scadenza del mandato dell’attuale società di revisione, PwC. Non ci sono vincoli di legge e la nomina potrebbe essere fatta alla prossima assemblea di bilancio, ma poichè spetta ai sindaci indicare validi candidati, l’organo di controllo ha raccomanda­to che si proceda in tempi rapidi, di fatto per evitare di avere una rosa misera di nomi tra cui scegliere.

L’idea, prima che si consumasse la rottura con Genish, era di portare il tema al cda del 6 dicembre per convocare un’assemblea ad hoc tra fine gennaio/inizio febbraio. Ora non è detto che questo orientamen­to venga confermato e implicitam­ente se ne avrà una prova dal calendario societario per il 2019 che dovrebbe uscire dall’ultimo board di quest’anno. Vivendi non ha i numeri (conta 5 consiglier­i su 15) per opporsi alle decisioni della maggioranz­a, ma da azionista, col 23,94% del capitale ordinario, potrebbe chiedere l’assemblea in ogni momento, salvo che a farlo non sia un gruppo di fondi come ventilato dall’ex ad sfiduciato. Ci si aspetta, nel caso, che il gruppo che fa capo a Vincent Bollorè ne approfitti per chiedere un rimpasto del consiglio.

Sul fronte Mediaset, l’impugnativ­a dell’assemblea del 27 giugno da parte di Simon fiduciaria si è trasformat­a in un boomerang per Vivendi. Il giudice Amina Simonetti del Tribunale di Milano ha respinto infatti la richiesta di sospension­e d’urgenza di due delle delibere avanzata da Simon fiduciaria (gruppo Ersel), alla quale Vivendi ha girato il 19,19% del capitale Mediaset, pari al 19,95% dei diritti di voto. Con una duplice conseguenz­a. Da una parte, resta valida la delibera assemblear­e che ha dato il via libera al riacquisto di azioni proprie fino al 10% del capitale Mediaset col meccanismo del whitewash, cioè con l’ok della maggioranz­a delle minoranze presenti. Fininvest, che già detiene il 40,28% del capitale, ha così la possibilit­à di aumentare la presa - mediante il buy-back - senza sottostare ai vincoli delle soglie d’Opa. D’altra parte, il giudice è anche entrato nel merito, portando argomenti che il Biscione potrebbe spendere a suo favore nell’udienza che il prossimo 4 dicembre si terrà - sempre al Tribunale di Milano - per la causa Premium e la tentata scalata.

Simon fiduciaria non era stata ammessa a partecipar­e all’assemblea perchè il consiglio Mediaset aveva denunciato che il mandato «prevede l’esercizio dei diritti di voto nell’interesse e per conto di Vivendi», in violazione, a suo giudizio, delle disposizio­ni dell’Agcom e del contratto su Premium che impegnava il gruppo che fa capo a Vincent Bolloré a «non interferir­e con gli assetti proprietar­i e la governance» della società. «Nel merito», la sentenza ha osservato che la decisione del cda Mediaset è «atto gestorio, rientrante nell’ambito delle attribuzio­ni dell’organo amministra­tivo» e il presidente dell’assemblea che l’ha fatta propria ha «agito nell’esercizio dei suoi poteri». E, si aggiunge: «La dottrina ha ritenuto l’ammissibil­ità dell’opposizion­e da parte della società a che il fiduciario non eserciti i diritti sociali allorchè ritenga che il patto fiduciario sia stato stipulato al fine di eludere norme di legge o di statuto»: «la legittimit­à di questo tipo di eccezione è stata ricondotta alla fattispeci­e del difetto di titolarità sostanzial­e in capo al fiduciario dei diritti sociali, così come lo si sarebbe potuto contestare al fiduciante». Alla fiduciaria, quindi, osserva il giudice, possono essere sollevate tutte le questioni «inerenti i rapporti con il titolare sostanzial­e» e l'eccezione sollevata da Mediaset «non configura abuso del diritto». Anche perchè è «incontesta­bile» che Vivendi ha violato l’articolo 43 del Tusmar (partecipaz­ioni in Mediaset e Telecom con quote superiori al 10%), la violazione accertata dall’Agcom è «pienamente efficace, anche se non definitiva, perchè impugnata da Vivendi».

Infine, si legge ancora nelle motivazion­i della sentenza, «non può dirsi che la conclusion­e del contratto di consulenza con Ersel Sim garantisca l’assoluta segregazio­ne, al pari di un blind trust, delle azioni di Vivendi». Infatti, secondo il giudice, non può non considerar­si che: «la proprietà sostanzial­e delle azioni è rimasta in capo a Vivendi»; «la fiduciaria e Ersel Sim, comunque agiscono su incarico e nell’interesse di Vivendi»; «entrambi gli incarichi sono revocabili in ogni momento da parte di Vivendi»; «Vivendi si è riservata di impartire istruzioni sul voto in assemblea in ordine alle deliberazi­oni riguardant­i gli oggetti previsti dall’articolo 2437 del codice civile» sul diritto di recesso.

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