Fondi, la differenza del fattore-ambiente
L’investitore italiano ha sempre più uno sguardo internazionale, è meno focalizzato rispetto al passato sugli impieghi nazionali ed è più aperto ai fattori di sostenibilità ambientale e sociale. È quanto spiega Niels Bodenheim, senior director private markets di Bfinance, società di consulenza inglese che lavora anche con investitori istituzionali italiani.
«A parte l’ampio universo di fondi disponibili oggi, che amplia le scelte per gli investitori, osserviamo due tendenze molto positive – sottolinea Bodenheim –. Una maggiore compatibilità strutturale e normativa per soddisfare i requisiti specifici dei fondi pensione italiani e una maggiore integrazione delle caratteristiche Esg».
Ritorna la questione della sostenibilità sotto la sigla Esg che sta per environment (ambiente), social e governance. Da parte degli investitori italiani, piccoli e grandi, vi è una crescente attenzione per le tematiche ambientali. Da qui la risposta degli asset manager. «I gestori – conferma il consulente – si sono adattati nel tentativo di sfruttare l’interesse crescente tra gli investitori italiani». E aggiunge: «Dal punto di vista dell’Esg, vediamo più manager europei che integrano i criteri nel loro fondo principale piuttosto che offrire accordi con lettere separate con esclusioni rilevanti come le bombe a grappolo, il gioco d’azzardo o il tabacco. Questo, non solo è più soddisfacente dal punto di vista del processo Esg, ma migliora anche l’allineamento tra gli investitori e il gestore». Lo screening negativo è dunque superato dall’integrazione dei criteri Esg all’interno della strategia complessiva di portafoglio.
Ma non c’è soltanto il mondo Esg che interessa gli investitori italiani. «Un aumento del flusso di capitali da parte del mercato italiano – ricorda il consulente di Bfinance – e l’emergere di più fondi di debito privati focalizzati in Italia hanno contribuito ad attrarre coloro che cercano l’esposizione domestica, sebbene nella nostra esperienza la domanda da parte dei clienti italiani sia stata paneuropea piuttosto che domestica». Bodenheim porta poi dei dati: «Secondo recenti studi di Deloitte, il numero di operazioni in Italia nell’ultimo trimestre è stato superiore del 63% rispetto allo stesso trimestre di due anni fa».
Cosa conviene fare allora in questo momento sul fronte del debito privato? Meglio l’Europa o è meglio guardare fuori dal Vecchio continente? «Gli investitori devono considerare che le condizioni specialmente in Europa continentale sono cambiate – spiega il consulente –. Gli spread si sono irrigiditi e stretti per diversi anni e questa tendenza è proseguita durante tutto il 2018». E ancora: «Mentre chi investe in sterline o dollari americani dovrebbe beneficiare di un rialzo dei tassi interbancari, l’Euribor è stato negativo per qualche tempo. Sebbene il debito europeo denominato in euro rimanga la destinazione preferita per gli investimenti di debito privato da parte delle istituzioni italiane, stiamo incoraggiando tutti a valutare anche le prospettive di rischio / rendimento nel mercato statunitense, malgrado il rischio valutario».