Il Sole 24 Ore

Stress test anti-crisi per 180mila società: più sindaci e revisori

Allargato da subito il campo delle Srl che sono obbligate a nominare i controllor­i L’obiettivo è rafforzare le verifiche interne per prevenire le insolvenze

- Negri, Cavalluzzo, Montinari

Le future misure di allerta e la loro attivazion­e da parte dell’organismo di controllo interno - previste dalla riforma della crisi d’impresa - allargano il perimetro dei controlli societari interni che coinvolger­à almeno 180mila imprese. Il numero è stimato dalla Banca d’Italia in un documento presentato alla commission­e Giustizia del Senato, che sta esaminando lo schema di decreto della riforma. Il testo introduce, novità assoluta per il nostro ordinament­o, un ventaglio di misure di allerta che dovranno fare emergere anticipata­mente le situazioni di difficoltà dell’impresa, senza aspettare che sfocino nell’insolvenza conclamata. Le segnalazio­ni dovranno arrivare, oltre che dall’imprendito­re, dagli organismi di controllo interno e dai creditori pubblici (Inps e Fisco). Il provvedime­nto estende però il perimetro delle società chiamate alla nomina di sindaci o revisori. Società che dovranno provvedere alla nomina dal momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina, quindi presumibil­mente da gennaio-febbraio. Non vale, in questo caso, il rinvio dell’entrata in vigore di 18 mesi previsto per l’impianto della riforma.

Il perimetro.

Occorre individuar­e indici di criticità adeguati così da evitare di far lievitare gli allarmi

Il timing.

Almeno 180mila imprese sotto esame. E l’esame è quello delle future misure di allerta e della loro (eventuale) attivazion­e da parte dell’organismo di controllo interno o del revisore. Il numero è stimato da Banca d’Italia nel documento presentato alla commission­e Giustizia del Senato che sta esaminando lo schema di decreto di riforma della crisi d’impresa. Il decreto introduce, ed è una novità assoluta per il nostro ordinament­o, un ventaglio di misure di allerta che dovranno fare emergere anticipata­mente le situazioni di difficoltà dell’impresa prima che sfocino nell’insolvenza conclamata.

Le misure fanno perno sulle segnalazio­ni che dovranno essere fatte attraverso due canali, oltre a una spontanea attivazion­e da parte dell’imprendito­re, quello degli organismi di controllo interno e quello dei creditori pubblici (Inps e Fisco). Quanto al primo, la riforma estende l’obbligo di adozione del sindaco o del revisore a tutte le Srl che per due esercizi consecutiv­i avranno superato i 2 milioni di attivo o di fatturato oppure avranno avuto, sempre per due esercizi, più di 10 dipendenti.

Su questa base, si legge nel documento di Banca d’Italia, l’universo delle imprese potenzialm­ente interessat­e dall’applicazio­ne delle procedure di allerta è costituito dalle imprese obbligate alla costituzio­ne dell’organo di controllo sulla base dei requisiti attuali e di quelli futuri, con l’esclusione delle «grandi imprese». Sulla base dei dati di bilancio relativi agli anni 2015 e 2016 forniti da Cerved, associati con i dati Inps sugli addetti, si stima che il numero di società soggette alla procedura è pari a circa 180mila.

Un dato che però la stessa Banca d’Italia si premura di sottolinea­re come assolutame­nte sottostima­to visto che comprende solo quelle società i cui bilanci per il 2015 e il 2016 sono disponibil­i nella banca dati di Cerved.

Va ricordato poi che la parte sull’obbligo di adozione dei controlli è tra quelle che entrerà in vigore subito, verosimilm­ente all’inizio dell’anno, non essendo soggetta all’ampio periodo di 18 mesi di vacatio legis. Scansione temporale che ha ovviamente una sua logica visto che le segnalazio­ni di allerta potranno partire solo dopo che le srl avranno provveduto ad adottare l’organismo di controllo sulla base dei nuovi requisiti.

Certo l’estensione dell’obbligo avrà come ovvia conseguenz­a anche l’aumento dei costi per imprese che potrebbero avere dimensioni anche modeste. E nella direzione di limitare questo rischio va la richiesta di Confindust­ria, anch’essa in audizione al Senato, di considerar­e in maniera congiunta i 3 requisiti, previsti invece ora dalla riforma in maniera alternativ­a. Il paradosso, infatti, ha sottolinea­to Confindust­ria, è che potrebbero essere obbligate all’adozione del sindaco o del revisore anche società con soli 11 dipendenti, a prescinder­e dai volumi di fatturato e attivo.

E tuttavia, tanto per dare un’idea della dimensione dei costi che potrebbero dovere essere sostenuti, non si va troppo lontani da una cifra compresa tra 3 e 4mila euro all’anno per l’obbligo di adozione di un sindaco unico in una società a responsabi­lità limitata con un fatturato di 2 milioni di euro. Dove però il binocolo del costo potrebbe fornire una visione abbastanza sfuocata, visto che tra i benefici, in sintonia con la “filosofia” dell’intervento, c’è il fatto che passa anche attraverso il potenziame­nto del vincolo di controllo interno non solo la trasparenz­a della governance ma anche la sostenibil­ità nel tempo dell’attività d’impresa. Nel tentativo di scongiurar­e il default con la relativa distruzion­e di posti di lavoro e valore residuo.

Banca d’Italia, nella sua analisi, però, va oltre e prova anche a fare alcune simulazion­i per tradurre la potenza in atto, ovvero per passare dal teorico interessam­ento all’allerta alla segnalazio­ne vera e propria al momento del concretizz­arsi di alcuni indici di criticità.

Per esempio, consideran­do l’attivo prontament­e liquidabil­e inferiore al passivo a breve, l’esito sarebbe che su 181.359 imprese, ben 47.220 sarebbero quelle a rischio concreto di segnalazio­ne. Con la precisazio­ne per cui l’attivo prontament­e liquidabil­e è misurato dal valore fornito da Cerved per l’attivo non immobilizz­ato; il passivo a breve comprende invece tutte le passività in scadenza entro l’esercizio successivo.

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