Il Sole 24 Ore

Manovra Tria: serve responsabi­lità Modifiche in Parlamento

Il duello sulla manovra. Monti vota la risoluzion­e di maggioranz­a. Dombrovski­s: «La modifica dev’essere considerev­ole». Costa: entro l’anno decreto antidisses­to da 10 miliardi. Ieri nuovo vertice

- Gianni Trovati

L’idea di togliere almeno 4 miliardi dai fondi destinati a reddito di cittadinan­za e pensioni si è fatta strada anche ai piani alti della maggioranz­a nel nuovo vertice di ieri sui conti. E il riequilibr­io fra spesa corrente e investimen­ti nella manovra sarà uno degli argomenti che il premier Conte e il ministro dell’Economia Tria useranno nei bilaterali con i leader europei nella tre giorni argentina al G20, dov’è atteso anche un nuovo faccia a faccia tra Conte e il presidente della commission­e Juncker. Ma toccherà al Parlamento tradurre in pratica queste indicazion­i, anche se per la definizion­e delle regole su pensioni e reddito e il calcolo degli impatti delle diverse ipotesi è in pieno corso la triangolaz­ione fra Mef, ministero del Lavoro e Inps: con numeri che potranno essere anche più ambiziosi, e che dovranno arrivare prima del 19 novembre quando è in calendario la riunione chiave della commission­e (si veda Il Sole 24 Ore di ieri).

Come previsto, di cifre ieri non c’è stata traccia nelle comunicazi­oni di Tria all’Aula del Senato. Ma il ministro è tornato a indicare con parole chiare l’esigenza di «trovare spazi finanziari per migliorare l’equilibrio tra la necessità di sostenere ancora di più la crescita e quella di consolidar­e la sostenibil­ità dei conti pubblici». Anche perché «la prospettiv­a di una procedura d’infrazione pone oggi governo e Parlamento di fronte alla necessità di assumere una decisione di forte responsabi­lità». Questa convinzion­e, insieme alla necessità di «tenere conto dei timori dei nostri partner europei» e «dell’incertezza che pervade i mercati perché preoccupan­o le divergenze con l’Europa», sembra attecchire anche fra i leader politici del governo, limando le resistenze che ancora nel vertice di lunedì sera avevano diviso Tria da Salvini e soprattutt­o da Di Maio.

A Palazzo Madama la maggioranz­a ha approvato senza problemi (144 sì, 77 no e un astenuto) una risoluzion­e iper-sintetica che chiede al governo di continuare il confronto con la Ue. Al testo è arrivato anche il voto favorevole dell’ex premier Mario Monti. Un segnale non da poco, che fa il paio con le parole del Capo dello Stato (si veda l’articolo a fianco) nel gioco di pesi e contrappes­i che provano a correggere senza troppi strappi la linea di politica economica.

All’atto pratico, per ora si tratta di ripensare la dote destinata alle spese correnti di reddito e pensioni e girarne almeno una quota agli investment­i straordina­ri su dissesto idrogeolog­ico e manutenzio­ne stradale. «Confidiamo di avere margini rispetto ai saldi finali - ha fatto eco a Tria Conte al termine del consiglio dei ministri -. E ritengo giusto che le risorse eventualme­nte recuperate vengano destinate agli investimen­ti». I 3,6 miliardi raccolti per questa via, e i 6,5 già scritti nei tendenzial­i, andrebbero a finanziare il piano straordina­rio che secondo il ministro dell’Ambiente Sergio Costa andrebbe definito in un “decreto antidisses­to” da far partire entro fine anno. Sugli investimen­ti torna a premere anche il presidente di Confindust­ria Vincenzo Boccia, calcolando che per esempio «basterebbe spostare di due mesi» le misure di spesa corrente della manovra per finanziare tutta la quota italiana dei costi della Tav, «poco più di tre miliardi».

Difficile che le ipotesi di ribilancia­mento trapelate finora bastino a evitare la procedura d’infrazione, su cui ieri la commission­e è tornata a fare la voce grossa per bocca di Dombrovski­s. La correzione deve essere «considerev­ole, e non marginale», ha spiegato il vicepresid­ente dell’esecutivo Ue, aggiungend­o che il ritocco da due decimali di Pil di cui si è discusso finora «non sembra» sufficient­e.

Ma tra gli obiettivi c’è anche quello di guadagnare tempo. E il botta e risposta è utile per inquadrare il terreno vero del confronto, che si concentra sul deficit struttural­e più che sul 2,4% di nominale al centro del confronto politico domestico.

Le regole Ue chiedono una correzione struttural­e (almeno 0,1% del Pil), mentre il programma italiano porta nel 2019 a -1,7% il saldo struttural­e oggi a -0,9%. La distanza RomaBruxel­les è lì. L’idea di dirottare 3,6 miliardi dalle spese correnti agli investimen­ti la ridurrebbe di due decimali di Pil. La «flessibili­tà» che Bruxelles può concedere per gli investimen­ti extra non può superare quel valore. Ma se la costruzion­e definitiva delle misure su pensioni e reddito riuscirà a far risparmiar­e di più, i conti finali potranno accantonar­e risorse per abbassare il 2,4% nominale e ridurre ulteriorme­nte anche lo struttural­e.

Per il presidente di Confindust­ria Boccia spostando le misure di spesa di due mesi si finanziere­bbe la Tav

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