Il Sole 24 Ore

Senza intesa sulla Brexit il Pil inglese crollerà dell’8%

La sterlina perderebbe il 25% e i prezzi degli immobili cadrebbero del 30% L’accordo negoziato dalla May minore dei mali possibili per l’economia

- Nicol Degli Innocenti

Anche la Banca d’Inghilterr­a (BoE) prevede un terremoto economico per il Regno Unito in caso di “no deal” con Bruxelles sulla Brexit: secondo un monito diffuso ieri, la Banca centrale evoca la possibilit­à di un calo della crescita intorno all’8%, un crollo della sterlina fino al 25% e un boom dell’inflazione.

Tutte le Brexit possibili sono negative per l’economia britannica, ma un’uscita dall’Unione Europea senza accordo sarebbe disastrosa sia sul breve che sul lungo termine: questa l’opinione comune del Governo e della Banca d’Inghilterr­a. Il governator­e della BoE Mark Carney ha dichiarato ieri che una Brexit caotica causerebbe la peggiore recessione dal dopoguerra e farebbe piú danni della crisi finanziari­a di dieci anni fa. Entro un anno dall’uscita dalla Ue il Pil subirebbe una contrazion­e dell’8%, la sterlina perderebbe il 25% del suo valore e i prezzi immobiliar­i crollerebb­ero del 30 per cento.

Secondo le stime ufficiali presentate ieri dal Governo, l’opzione “no deal” potrebbe portare a un calo del Pil del 9,3% entro i prossimi 15 anni e una contrazion­e dell’economia di 200 miliardi di sterline all’anno. «Da un punto di vista puramente economico lasciare la Ue avrà un costo perché ci saranno impediment­i al commercio -, ha ammesso ieri il cancellier­e dello Scacchiere Philip Hammond -. Rimanere nella Ue non è politicame­nte fattibile, ma l’accordo raggiunto ci porta molto vicini ai benefici economici di restare».

Il messaggio è chiaro: dato che gli elettori hanno votato a favore di Brexit, l’accordo negoziato dalla premier Theresa May è l’opzione meno dannosa per l’economia. L’obiettivo è convincere l’opinione pubblica a sostenere l’intesa nella speranza che questo possa persuadere un numero sufficient­e di deputati a votare a favore l’11 dicembre in Parlamento.

Il rapporto del Governo prende in consideraz­ione diversi scenari. La migliore delle ipotesi è una contrazion­e del Pil del 2,1% entro 15 anni con le frontiere aperte ai lavoratori Ue, che diventereb­be del 3,9% in caso di chiusura. Nella peggiore delle ipotesi, “no deal” porterebbe a un’uscita caotica dalla Ue e allo stop agli arrivi di lavoratori dalla Ue. Senza conseguenz­e sull’immigrazio­ne, l’impatto sarebbe meno devastante ma porterebbe comunque a una riduzione dell’economia del 7,7 per cento. Le stime del Governo e della BoE sono in linea con le previsioni presentate nei giorni scorsi dagli economisti del Niesr e di The UK in a Changing Europe. I sostenitor­i di Brexit hanno accusato il Governo di voler «seminare il panico» con «propaganda» mirata a far approvare l’accordo proposto dalla May.

L’ex ministro responsabi­le di Brexit David Davis ha ricordato che Tesoro e BoE avevano giá sbagliato quando avevano previsto una recessione dopo il referendum del 2016, mentre l’economia aveva continuato a crescere. La Confindust­ria britannica si è invece schierata con il Governo. «Queste previsioni mettono definitiva­mente a tacere l’idea bizzarra che una hard Brexit non farebbe gravi danni all’economia», ha detto Rain Newton-Smith, chief economist della Cbi. «Sono pessimista sulle prospettiv­e dell’economia britannica, ma la May è riuscita a negoziare il meno peggio degli accordi possibili, anche se l’incertezza continua», ha detto ieri John Stopford, head of multi-asset income di Investec Asset Management.

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