Sui lingotti di Stato 330 miliardi di dollari
Tra gennaio e settembre le banche centrali hanno rastrellato 275 tonnellate
A fine agosto il governo ungherese ha rivelato che tra rimpatri di riserve auree e nuovi acquisti sul mercato la consistenza del patrimonio strategico nazionale è aumentata di dieci volte in pochi mesi: dalla sola Bank of England sembra che siano uscite quasi la metà delle oltre 100 tonnellate di lingotti in custodia per gli ungheresi. Poco prima era stato il governo polacco a muoversi nella stessa direzione: 25 tonnellate d’oro sono tornate da Londra a Varsavia. Ma in realtà sono briciole. Centinaia di tonnellate d’oro sovrano sono tornate a viaggiare per il mondo in quello che appare come un gigantesco riassetto geografico delle riserve auree mondiali: i dati del quarto trimestre 2018 non ci sono ancora ma in appena 9 mesi le banche centrali hanno rastrellato sui mercati oltre 275 tonnellate d’oro, l’8% in più rispetto al 2017, con un esborso complessivo di oltre 13 miliardi di sterline. Le vendite nette sono state praticamente inesistenti per tutto l’anno, con il minimo storico toccato proprio nel terzo trimestre. Sul fronte dei rimpatri, negli ultimi 24 mesi sono partite quasi 400 tonnellate d’oro dalla sola Inghilterra verso Germania, Olanda, Austria, Francia, Svizzera, Belgio, Polonia e Romania. Non solo. Se il trend non cambia e altre banche centrali continueranno a comprare, gli analisti prevedono che le riserve auree globali continueranno a crescere velocemente: JP Morgan, per esempio, ha previsto che gli acquisti d’oro delle banche centrali supereranno le 350 tonnellate a fine anno e altre 300 tonnellate saranno acquistate nel 2019. Cina, Russia, India e Turchia sono i paesi che hanno guidato finora la corsa all’oro, trasformando il 2018 in un anno record sia per i movimenti internazionali di riserve auree sia per la stessa dinamica degli acquisti sul mercato. Persino l’India è tornata a comprare e rimpatriare lingotti dopo una stasi di quasi 10 anni: 8 tonnellate d’oro sono appena entrati nella cassaforte del governo indiano.
Come giudicare questo processo non è cosa facile. L’oro è da sempre considerato come il bene rifugio per eccellenza, come una riserva di valore inossidabile, come asset di garanzia della moneta e soprattutto come strumento finanziario: in tempi di crisi, diventa persino il termometro della paura degli investori. In realtà, pochi sanno che il prezzo dell’oro non ha alcun legame nè con le transazioni di oro fisico tra privati nè con gli acquisti di lingotti da parte dei governi: il prezzo dell’oro è il risultato delle negoziazioni sui titoli derivati e sui futures dell’oro quotati sui due mercati specializzati di Londra (OTC) e di New York (il Comex). Anche se una banca centrale acquista 100 tonnellate d’oro, il prezzo di mercato non ne risulta condizionato. Questo proprio per evitare che una aumento eccessivo del prezzo dell’oro dovuto ai grandi acquisti di riserve auree possa fare concorrenza al dollaro o ad altre valute pregiate. Questo ha reso non solo estremamente opaco il mercato dell’oro, ma ha incentivato le banche centrali a usare i lingotti d’oro come strumento finanziario nei rapporti con gli operatori internazionali.