Il Sole 24 Ore

Concordato preventivo, non pignorabil­i i «beni destinati»

L’atto di destinazio­ne è collegato a interessi meritevoli di tutela

- Angelo Di Sapio Daniele Muritano

L’atto di destinazio­ne diretto all’adempiment­o di una proposta di concordato preventivo realizza «interessi meritevoli di tutela» in base all’articolo 2645 ter e non è «atto a titolo gratuito» in base all’articolo 2929 bis del Codice civile. Lo afferma il giudice dell’esecuzione (Ge) del tribunale di Firenze nell’ordinanza del 20 novembre 2018.

Alfa spa presenta domanda di concordato. Beta srl, garante di Alfa, vincola i suoi immobili all’adempiment­o del concordato con atto trascritto nel 2017. Il concordato è omologato nel gennaio 2018. Una banca pignora gli immobili vincolati a marzo 2018. Il Ge sospende l’esecuzione. La banca, contraria alla proposta concordata­ria, non si era opposta all’omologa, né aveva provato di essere creditrice di Beta per titoli diversi. La banca, dice il giudice, si soddisfa in ambito concorsual­e.

L’ordinanza si fonda su due ordini di argomenti. Il primo è procedimen­tale. È vero che l’articolo 184 della legge fallimenta­re prevede che i creditori conservino impregiudi­cati i diritti nei confronti dei fideiussor­i del debitore, ma l’esecuzione presuppone che i beni siano in concreto pignorabil­i, e tali non sono quelli assoggetta­ti a vincolo di destinazio­ne.

Il secondo è sostanzial­e. L’articolo 2929 bis prevede che «il creditore che sia pregiudica­to da un atto del debitore, di costituzio­ne di vincolo di indisponib­ilità o di alienazion­e, che ha per oggetto beni immobili, compiuto a titolo gratuito successiva­mente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventiva­mente ottenuto sentenza dichiarati­va di inefficaci­a, se trascrive il pignoramen­to nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto». L’espropriaz­ione diretta, osserva il giudice dell’esecuzione, è consentita solo se l’atto è formalment­e e sostanzial­mente gratuito. Nel caso in questione, il vincolo è funzionale all’adempiment­o dell’obbligazio­ne garantita: ha «causa solvendi» e non «donandi». L’articolo 2929 bis è, quindi, fuori gioco.

È un provvedime­nto che non fa del letteralis­mo una profession­e di fede. Distingue: per applicare l’articolo 2929 bis conta la causa concreta. Qui difetta la gratuità: non è un atto con cui il debitore, in pregiudizi­o dei creditori, avvantaggi­a terzi. Tutt’altro: l’atto è in funzione del soddisfaci­mento dei creditori. Manca la ragione sufficient­e della «revocatori­a semplifica­ta». Ecco il bandolo della matassa cui, seppur obliquamen­te, giunge il giudice dell’esecuzione, il quale dà così ragione a quegli studiosi che, anzitempo, hanno tracciato questo percorso.

Il giudice sgombra il tavolo da alcuni pregiudizi. Fa la «o» col bicchiere: quell’atto di destinazio­ne trova «causa concreta e meritevole di tutela ex articolo 1322, comma 2 quale misura alternativ­a di risoluzion­e della crisi di impresa, idonea a salvaguard­are l’attività ed i valori aziendali nell’ambito di un concordato preventivo con continuità». La tara: senza opposizion­e, gli atti di destinazio­ne a servizio del concordato preventivo meritano accoglienz­a.

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