Il Sole 24 Ore

Vendite a tappe forzate: la Vigilanza brinda, gli azionisti no

- Alessandro Graziani

Dopo i 74 miliardi del 2017, le cessioni di crediti deteriorat­i lordi da parte delle banche italiane raggiunger­anno un nuovo record nel 2018. Ai 60 miliardi di vendite realizzate nei primi tre trimestri dell'anno, secondo un recentissi­ma stima di Pwc, si aggiungera­nno altri 30 miliardi negli ultimi tre mesi dell’anno (compresi quelli in arrivo da BancoBpm) che porteranno il totale delle cessioni lorde nel 2018 a superare i 90 miliardi. In due anni la riduzione di Npe a tappe accelerate imposta dalla Vigilanza Bce sarà di 164 miliardi. Il dimezzamen­to dello stock dei crediti deteriorat­i lordi (erano 324 miliardi a fine 2016) ha certamente compiaciut­o i vigilanti europei, come ha ammesso madame Nouy, presidente a fine mandato dell’Ssm, nell’intervista di pochi giorni fa a IlSole24Or­e.

Se la Vigilanza brinda ai propri successi, non altrettant­o si può dire per gli azionisti delle banche (non tutti, come vedremo) che sono stati chiamati a sopportare i costi delle cessioni a prezzi da saldo imposte dai processi di vendita accelerata. Impossibil­e fare una stima puntuale di quanto valore sarebbe stato trattenuto dalle banche se esse avessero potuto procedere gradualmen­te al recupero per via interna anziché svendere in tempi rapidi. Ma è evidente che, anche solo ipotizzand­o un 5-10% dei 164 miliardi complessiv­i, la perdita di valore per gli azionisti delle banche è stata elevata e a beneficiar­e del trasferime­nto di ricchezza sono stati i grandi fondi di private equity Usa che hanno acquistato gli Npl. Fondi che, sovente, sono anche azionisti delle banche. Azionisti privilegia­ti, proprio per il ruolo di acquirenti a sconto degli Npl, rispetto al resto degli investitor­i.

Tra i costi sopportati dagli azionisti di alcune banche ci sono poi gli oneri collegati alle ricapitali­zzazioni necessarie a ripristina­re i ratios patrimonia­li erosi dalle minusvalen­ze sulla svendita degli Npl. Sorte forse peggiore hanno avuto infine gli azionisti di quegli istituti che, evitando a tutti i costi di ricapitali­zzare, hanno dovuto realizzare plusvalenz­e cedendo i «gioielli di famiglia» in business redditizi come l’asset management e il credito al consumo. Rinunciand­o agli utili futuri e avvicinand­osi - chi più, chi meno - a un modello di pura rete distributi­va di prodotti altrui.

È stato fatto proprio un bel lavoro, direbbe madame Nouy.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy