Carige al rafforzamento, parte il subordinato
Piano industriale con doppia opzione: stand alone e aggregazione Sul tavolo del cda anche la cessione di un portafoglio di Npl da circa 850 milioni
Il cda di Carige ha approvatoieri il capital conservation plan della banca e ha definito i termini dell’emissione di un prestito subordinato fino a 400 milioni, definendo le linee guida di un nuovo piano industriale. Sul tavolo del cda anche la cessione di un portafoglio di sofferenze da circa 850 milioni.
Al termine di una lunga seduta , ieri il consiglio della banca genovese, a quanto risulta (questo articolo va in stampa mentre Carige non ha ancora ufficializzato le decisioni assunte), ha dato «immediata esecuzione» al capital conservation plan (per cui la Bce aveva dato tempo all’istituto fino ad oggi) mediante la determinazione dei termini di emissione del prestito subordinato Tier 2 da almeno 320 milioni, che dovrebbe essere in collocamento a partire da oggi. La banca attende, infatti, che l’assemblea del Fondo interbancario di tutela dei depositi, che si riunisce oggi, dia il via libera alla sottoscrizione del bond, da parte dallo Schema volontario del Fidt. Se l’ok arriverà, lo Schema sottoscriverà il bond per 320 milioni. Il subordinato, che dovrebbe avere durata decennale e rendimento del 13%, peraltro è aperto anche ai soci di Carige e non solo. Fino alla data dell’assemblea dei soci di Carige , il prossimo 22 dicembre, infatti, spiegano fonti finanziarie, sarà possibile la sottoscrizione, da parte degli attuali azionisti (i principali sono Malacalza Investimenti, Financiera Lonestar di Gabriele Volpi, Pop 12 di Raffaele Mincione e Spininvest di Aldo Spinelli) e «di altri investitori professionali». Il bond, oltre a prevedere il rimborso del denaro in scadenza, include, in caso di approvazione, nell’assemblea di Carige, del previsto aumentodi capitale da 400 milioni, la possibilità che il rimborso dell’obbligazione possa aver luogo, in tutto o in parte, mediante consegna di azioni ordinarie della banca, in sede di esecuzione dell’aumento. L’adesione di altri investitori (soci e no) potrebbe portare l’emissione fino all’ammontare massimo di 400 milioni.
Sul fronte del derisking, il cda avrebbe messo in pista la cessione di un portafoglio sofferenze per 850 milioni di euro che, a quanto risulta, sarebbe portata avanti tramite la Gacs.
Per quanto attiene al nuovo piano industriale, il cda di Carige ha seguito, a quanto emerge, la linea delle indicazioni ricevute da Bce il 14 settembre scorso. La Vigilanza aveva chiesto di valutare tutte le azioni possibili, compresa l’aggregazione. Dando, quindi, seguito al mandato conferito a Ubs (il 23 ottobre scorso) di esplorare le varie possibilità, in qualità di financial advisor, il consiglio ha disposto che il piano industriale (la cui approvazione è prevista nel primo trimestre 2019) sia elaborato con una doppia visione.
Sarà messa a punto, quindi, una simulazione pluriennale stand alone per Carige, che avrà come obiettivi principali la trasformazione in ottica lean (snella, con catena decisionale breve, ndr) della banca; la riduzione del volume dei non performing loans, l’utilizzo più efficiente del capitale e l’ottimizzazione della struttura di funding. A questa simulazione verrà affiancata un’analisi dei principali effetti che potrebbe generare un’eventuale aggregazione o alleanza con una altro operatore del mercato.
Tra questi effetti, i più rilevanti riguarderebbero la liberazione di capitale derivante dall’adozione di un modello interno per il calcolo di risk weighted assets (attività ponderate per il rischio); la possibile liberazione dei crediti fiscali di cui il nuovo soggetto risultante dall’aggregazione potrebbe beneficiare; le principali sinergie industriali e la riduzione del costo della raccolta.
Tra i temi considerati nel cda di ieri, si è affacciata, secondo rumors di mercato, la questione dei 256,5 milioni, tra perdite e rettifiche di valore su crediti, conteggiati nell’ultima trimestrale. E sarebbe in corso un approfondimento, da parte degli uffici interni, sui motivi per i quali questa somma non è emersa prima, già col precedente consiglio. La questione potrebbe aprire la strada a un’azione di responsabilità nei confronti del vecchio cda.