Trump al contrattacco: su miei progetti in Russia caccia alle streghe
Donald Trump è al G20. Ma, più che successi o sfide sul palcoscenico globale, è una crisi domestica, anche se con ramificazioni internazionali, a dominare la sua agenda e allungare ombre sulla sua presidenza: il Russiagate. Il presidente è stato costretto ieri a difendersi a spada tratta e negare scandali e irregolarità dopo che il procuratore speciale Robert Mueller ha incriminato il suo ex faccendiere e avvocato Michael Cohen per aver mentito al Congresso su serietà e durata di negoziati con Mosca per una Trump Tower locale mentre era candidato alla Casa Bianca. Cohen, che coopera con i magistrati, ha indicato che Trump e suoi stretti collaboratori sono stati coinvolti nell’operazione, proseguita fino al luglio del 2016, quando aveva già in tasca la nomination repubblicana. Sulla Casa Bianca sono piovute anche accuse di aver cancellato in extremis un incontro con Vladimir Putin ai margini del G20 proprio per paura del Russiagate e non per la ragione ufficiale, l’aggressione di Mosca all’Ucraina.
«Sono un bravo costruttore - ha twittato Trump -. Contro ogni previsione, decido di correre per la presidenza e continuo a gestire il mio business, molto legale e bello. Ho dato un’occhiata alla possibilità di un palazzo da qualche parte in Russia. Ma non ho investito, dato garanzie, nè fatto il progetto. Caccia alle streghe!». La portavoce Sarah Sanders ha fatto a sua volta muro: «La falsa caccia alle streghe sul caso Russia, auspicabilmente vicina alla fine, sta andando forte. Probabilmente danneggia i nostri rapporti con la Russia. Ma la ragione della cancellazione dell’incontro è stata l’Ucraina. Speriamo venga risolta presto e che possano cominciare conversazioni costruttive».
Certo è che le spire del Russiagate si stringono attorno alla cerchia di Trump e potrebbero nutrire offensive politiche dell’opposizione democratica che da gennaio controllerà la Camera. L’ex consulente del presidente Roger Stone è nel mirino per legami con Julian Assange di WikiLeaks: è sospettato d’aver agito quale “staffetta” tra la campagna del presidente e l’organizzazione che pubblicò le e-mail di Hillary Clinton rubate da hacker di Mosca. Mueller ha poi di recente rescisso un accordo con l’ex manager della campagna di Trump, Paul Manafort, accusato d’aver mentito su «molte questioni». Appare però Cohen il tassello cruciale nel puzzle dei tuttora oscuri rapporti di Trump con Mosca e di eventuali collusioni con piani russi per manipolare le elezioni Usa. Cohen, già colpevole di pagamenti illeciti per zittire donne che minacciavano di svelare relazioni con Trump, ha parlato di «ampie discussioni» con il futuro presidente sul controverso progetto immobiliare. Trump l’ha accusato di mentire in cambio di sconti di pena. Stando al New York Times, nelle discussioni avrebbe svolto un ruolo di rilievo un altro stretto collaboratore del magnate newyorchese, l’ex mafioso condannato di origine russa Felix Sater, che propose di offrire a Putin un superattico da 50 milioni di dollari. Sater mobilitò l’ex generale dell’intelligence di Mosca Evgheny Schmikov per ottenere visti per Cohen e Trump, che da trent’anni coltivava progetti russi.