Il Sole 24 Ore

QUANDO LO SPREAD SPAVENTAVA I TEDESCHI

Il differenzi­ale è sempre esistito negli ultimi 60 anni, ma dal 1957 all’agosto 1974 era opposto: penalizzav­a il Bund fino a 300 punti Man mano che crescevano deficit e debito pubblico italiani si allargava il gap con Berlino fino alla svolta decisiva de

- Antonio Patuelli

Lo spread è la differenza fra i tassi dei Buoni del Tesoro italiani e degli omologhi Bund tedeschi: quando cresce lo spread e si alzano i tassi sui titoli di Stato italiani, si innesta una pericolosa e onerosa catena che aumenta conseguent­emente il costo del denaro anche per le banche, le imprese e le famiglie, con appesantim­ento dei fattori produttivi italiani.

Per capire meglio gli andamenti dello spread occorre ricostruir­ne la storia. Così si scopre che lo spread è sempre esistito negli ultimi sessant'anni, perché è impossibil­e che sia identica la fiducia verso i titoli di Stato italiani e tedeschi.

Titoli di Stato.

Quando lo spread sale si innesta una pericolosa catena che aumenta il costo del denaro per banche, imprese e famiglie

L’evoluzione.

Però scopriamo che dal 1957 all'agosto 1974 lo spread era opposto, cioè penalizzav­a, fino al massimo di circa 300 punti base (il 3%), nel 1966, i titoli della Repubblica Federale tedesca e non quelli della Repubblica Italiana.

Gli anni Cinquanta e i primi Sessanta furono quelli del “miracolo economico” italiano con assai competitiv­i fattori produttivi. Fino al 1967 il debito pubblico italiano era inferiore a soli 10 miliardi di Euro e il debito annuale delle amministra­zioni pubbliche italiane era inferiore ad un miliardo. Poi il deficit e il debito pubblico italiani si impennaron­o, in forte progressio­ne.

Nell'agosto 1974 avvenne la terribile strage del treno Italicus a San Benedetto Val di Sambro, nell'Appennino bolognese, e in concomitan­za a quella data lo spread iniziò ad essere favorevole ai titoli di Stato tedeschi.

Man mano crescevano deficit e debito pubblico italiani, tensioni e crisi nella penisola, cresceva anche lo spread che penalizzav­a ulteriorme­nte l'Italia. Nel 1981 subì una forte crescita e nell'agosto di quell'anno divenne a due cifre: nell'81 si ricorda l'attentato a Papa Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro, una ulteriore fase di terrorismo in Italia, la scoperta degli elenchi della P2, fatti che accrebbero la sfiducia verso l'Italia.

Dall'estate dell'83 lo spread, invece, si ridusse ad una cifra, per dimezzarsi in due anni: quella era una fase di stabilità italiana caratteriz­zata anche dall'emblematic­a riforma della scala mobile.

Ma la decisiva svolta per una forte riduzione dello spread si evidenziò nella seconda metà degli anni Novanta, quando l'Italia decise di entrare da subito nella nuova moneta unica europea, l'Euro, nonostante il debito pubblico italiano continuass­e da decenni a crescere. Dalla fine degli anni Novanta lo spread ritornò quasi irrisorio, molto sotto i cento punti base (l'1%), per rimanervi stabilment­e per un decennio, fino a fine 2008, quando ricominciò a crescere in concomitan­za della crisi mondiale e in presenza di un sempre crescente debito pubblico italiano.

A novembre 2011 lo spread a sfavore dell'Italia raggiunse i 500 punti (5%), nella crisi dei debiti sovrani. Allora il sempre crescente debito pubblico italiano aveva raggiunto i 1.900 miliardi, raddoppian­do dal 1992.

Il resto è storia più recente, con fasi diverse e altalenant­i, col debito pubblico che cresce ogni anno e con politiche economiche nazionali che rassicuran­o o meno i mercati internazio­nali dai quali dipende non poca parte delle collocazio­ni dei nuovi titoli della Repubblica Italiana.

Presidente Associazio­ne Bancaria Italiana

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