Il Sole 24 Ore

Così il cane da valanga cresce da profession­ista

Tradizione europea. Le scuole più antiche sono sulle Alpi: le razze più adatte sono i pastori belgi Malinois, i labrador retriever e i pastori tedeschi

- Giulia Crivelli guido.minciotti.blog.ilsole24or­e.com

In maggio la rivista Analytical Chemistry ha pubblicato uno studio di ricercator­i del Politecnic­o di Zurigo sul “naso elettronic­o” che avrebbero messo a punto, capace di fiutare la presenza di esseri umani grazie ai gas emessi attraverso il respiro e la pelle. Formato da una manciata di microchip, potrebbe essere montato su robot e droni. Subito qualcuno profetizzò la fine di una profession­e, quella dei cani da valanga. Gli etologi pensano però che non sarà così facile sostituire l’olfatto e l’istinto canino.

Vedremo nei prossimi anni o decenni chi ha ragione,ma val la pena ricordare che in passato si profetizzò la scomparsa di altri mestieri legati all’olfatto, questa volta umano, come quello del maître parfumeur o dei nez du vin (persone che prestano il loro naso alla valutazion­e dei vini). Profezie mai avveratesi, perché la natura – canina o umana – non sempre può essere sostituita da una macchina, un robot, un computer. I cani addestrati per fiutare e aiutare a recuperare le persone sepolte dalla neve o da macerie e detriti (è il caso delle zone terremotat­e, ma è giusto ricordare i cani impegnati nei soccorsi dopo il crollo delle Twin Towers, a New York) restano importanti­ssimi in tutte le zone dove gli essere umani sfidano le montagne sugli sci o arrampican­do: dalle alpi europee alle Rocky Mountains, dalle località canadesi a quelle giapponesi e neozelande­si, per chi voglia sciare anche d’estate in tempi di global warming.

In Italia abbiamo una delle scuole per cani da valanga migliori del mondo, quella del Cnsas (Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologi­co), che nel 2016 ha celebrato 50 anni con una grande festa all’ombra dell’Ortles. Tutto iniziò in realtà nel 1960, quando vicina a Solda (Alto Adige) Mohrele, un meticcio di una guida alpina del luogo, mostrò segni di inquietudi­ne mentre il suo padrone lavorava nei pressi di una grande valanga che qualche tempo prima aveva travolto il parroco del paese. L’insistenza del piccolo cane fece sì che il suo padrone si convincess­e a scavare nel punto indicato: la neve restituì in breve il corpo del parroco cercato invano per settimane da numerosi volontari. Il primo corso nazionale per cani da ricerca in valanga del Cnsas partì nel 1966 e da allora sono state formate centinaia di unità cinofile.

A seconda dei Paesi (e delle regioni, come nel caso dell’Italia), le squadre di cani da valanga appartengo­no a corpi dello stato (polizia, pompieri, esercito, vigili, protezione civile), oppure sono formate da volontari appassiona­ti, ad esempio gli addetti alle piste delle stazioni sciistiche. A differenza dei cani da soccorso dopo terremoti o altri disastri naturali, dove vengono scelti anche border collie e a volte meticci, per le valanghe si prediligon­o i pastori belgi Malinois, i labrador retriever e i pastori tedeschi. Tre razze che hanno una corporatur­a e un peso sufficient­i per non fare (troppa) fatica nella neve e, stando all’esperienza di secoli, hanno un “attaccamen­to al lavoro” fortissimo. In Italia i cani da soccorso sono stati fondamenta­li dopo la tragedia di Rigopiano, in Abruzzo, dove contribuir­ono a salvare due persone sepolte sotto la neve e i resti dell’albergo. L’intervento più recente è di sei giorni fa a Sestriere, dove c’è stata una valanga e si temeva ci fossero vittime. Le unità cinofile sono intervenut­e e hanno stabilito che sotto la neve non c’erano persone. Chissà cosa avrebbe decretato un drone.

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I prescelti. Le razze più adatte per i soccorsi nella neve sono labrador (nella foto), pastori tedeschi e pastori belgi

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