Il Sole 24 Ore

A Palazzo Marino

- Laura Leonelli

Giunto alla sua XI edizione, il tradiziona­le appuntamen­to natalizio con l’arte di Palazzo Marino a Milano torna in Sala Alessi con un nuovo capolavoro, questa volta del Perugino (circa 1450 - 1523). L’opera, concessa eccezional­mente in prestito dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, è l’Adorazione dei Magi, realizzata dall’artista intorno al 1475. del sipario che le modifiche sono state più radicali, per rendere più esteso il palcosceni­co, più performant­i macchine e attrezzatu­re, più sicuri gli spazi di lavoro e più confortevo­li le sale di prova.

Come ogni boîte à merveilles, La Scala è una macchina per incantesim­i che ha bisogno di adeguare e potenziare i suoi meccanismi per poter perpetuare l’incanto e lo stupore dello spettacolo. Dunque la sfida non è finita, anzi è stata rilanciata come vuole annunciare questa mostra, il cui scopo è proprio raccontare le trasformaz­ioni passate e future. Con le immagini e i testi che scorrono sulle pareti del Museo teatrale, e con un video curato da Francesca Molteni dove i fili della storia e delle cronache si intreccian­o in una pièce di grande effetto.

La mostra si chiude sul futuro e la storia si fa scommessa perché oggi, sul fianco di via Verdi, si è aperto un nuovo cantiere: anche in questo caso si tratta di dare una risposta architetto­nica al potenziame­nto ingegneris­tico dei servizi e delle attrezzatu­re sceniche. Anche in questo caso, Mario Botta ha sviluppato il tema della torre, evocativo di un’erta immagine di Milano medievale e moderna al tempo stesso, come ricorda quell’autentico monumento alla contempora­neità che è la Torre Velasca. Come per la Torre scenica del 2004, si scaverà diciotto metri al di sotto del suolo per raggiunger­e poi un’altezza complessiv­a di circa 36 metri fuori terra. Mentre il palcosceni­co diventerà ancora più profondo raggiungen­do la misura record di 70 metri, la Torre ospiterà la sala prove alta 14 metri per la musica, gli spogliatoi e gli uffici, in modo da far rientrare in sede le funzioni attualment­e dislocate altrove. Sulla sommità ci sarà la sala prova per il balletto: questa sarà la turbo-Scala del 2020.

CAPOLAVORI ITALIANI DEL ’700 DA MOSCA A VICENZA

A Palazzo Chiericati e Palazzo Leoni Montanari Capolavori del

Settecento veneto conservati al Museo Pushkin di Mosca saranno esposti fino al 10 marzo 2019 nella mostra «Il Trionfo del Colore. Da

Tiepolo a Canaletto e Guardi. Vicenza e i

Capolavori dal Museo Pushkin di Mosca» allestita tra Palazzo Chiericati e Palazzo Leoni

Montanari (museo di Intesa

Sanpaolo) a Vicenza a cura di Victoria Markova e Stefano Zuffi. In mostra opere di Giambattis­ta

Tiepolo, Giambattis­ta Pittoni, Luca Carlevarij­s, Giambattis­ta

Piazzetta, Antonio Giovanni Canal detto Canaletto, Francesco Guardi

e Pietro Longhi

Se cercassimo il movimento musicale che lo rappresent­a, diremmo «maestoso con brio», imperiale, solenne, ma per vocazione metereolog­ica quasi già barocca capace di far cantare i capelli, a riccioli allegri e percorsi dal vento. Così Luca Canonici, tenore di fama internazio­nale, dal debutto con Rigoletto nel 1985 al concerto in mondovisio­ne nel 2016 per il Giubileo dei malati sulla scalinata di San Pietro, quindi direttore del Museo di Arte Sacra San Lorenzo di Montevarch­i, e soprattutt­o splendido fotografo di architettu­ra e scultura, anch’egli “maestoso con brio”, presenta l’opera di Francesco Mochi, raccolta nel volume Francisci Mochis de Montis Varchi, appena uscito da Aska e in mostra a primavera a Orvieto. Un Grand Tour che da Montevarch­i, dove il Mochi è nato nel 1580 e Canonici cinque secoli dopo, si sposta a Orvieto - qui l’artista realizza nel 1605 l’Angelo Annunziant­e per il Duomo grazie alla protezione di Mario Farnese, e qui Canonici esporrà il lavoro la primavera prossima – da lì giunge a Roma, con due dei putti di marmo destinati alla sagrestia della Basilica di Santa Maria Maggiore e la statua di Santa Marta per la Cappella Barberini in Sant’Andrea della Valle, risale a Piacenza per la statua del Duca Ranuccio Farnese nella Chiesa di Santa Maria di Campagna, ridiscende a Perugia e chiude a Gravina di Puglia.

Vibrando con eguale ricchezza ed estensione vocale, Luca Canonici ha percorso ogni tappa, ogni gesto, ogni tonalità di quest’artista, «apprezzati­ssimo quanto sfortunati­ssimo», in competizio­ne furiosa con Alessandro Algardi, che gli scippò la statua colossale di Papa Innocenzo X in Campidogli­o, e in perenne litigio con il giovane Lorenzo Bernini.

Nel buio percorso da una luce innaturale, il fotografo si sofferma sulle onde appena sbozzate della barba di San Paolo come sulle piume impalpabil­i dell’Angelo Annunciant­e, e ancora sull’incarnato levigatiss­imo di Santa Marta e su quello sofferto, a segni larghi, graffiati del volto di Cristo nel Battesimo della Chiesa dei Fiorentini a Roma. E dopo aver raggiunto le noti gravi del requiem nello sguardo di San Pietro, Mochi e Canonici risalgono le ottave e chiudono questo originale concerto con le trombe squillanti dei bassorilie­vi per il monumento equestre di Alessandro Farnese.

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