Il Sole 24 Ore

ISTRUZIONI PER L’USO GIUSTO E CORRETTO

- Nunzio Galantino

Dal sostantivo latino instrument­um (più tardi strumentum) e dal verbo in-struere (fabbricare, costruire, disporre), lo strumento è, secondo il vocabolari­o, «un arnese, un apparecchi­o, un dispositiv­o con cui si eseguono determinat­e operazioni nell’ambito di un’arte, di un mestiere, di una tecnica». E, come diversi sono gli ambiti nei quali si fa uso di strumenti, così ne è diversa la natura.

Esistono strumenti di alta precisione cui si ricorre nei laboratori scientific­i e per interventi che richiedono la massima esattezza, e vi sono strumenti musicali che, a seconda della vibrazione (a corda, a fiato, a percussion­e), producono suoni diversi. Oltre a strumenti specifici e per scopi ben definiti, strumenti sono tutti quei mezzi cui si ricorre per raggiunger­e uno scopo qualsiasi. Tra questi vanno annoverate anche le parole e, con esse, il linguaggio. Mentre gli strumenti materiali sono per lo più neutri, sicché è l’intenzione e la modalità d’uso a conferire loro una qualità (positiva o negativa): «Le parole non sono mai neutre, né lasciano mai le cose come stanno» (papa Francesco). Infatti, una parola consola, ma una parola può anche offendere; una parola incoraggia ma una parola può anche demoralizz­are; una parola può esaltare ma una parola può anche demoralizz­are.

In ogni caso, l’uso di qualsiasi strumento richiede un elevato livello di consapevol­ezza e una coraggiosa assunzione di responsabi­lità. Soprattutt­o quando è in gioco la propria e la vita altrui. Ciò rende particolar­mente vero quanto ha scritto M. Qoist: «Fino a quando non avrai veramente accettato i tuoi limiti, non potrai costruire nulla di solido perché sciupi il tuo tempo a desiderare gli strumenti che sono nelle mani degli altri e non ti accorgi di possederne anche tu, differenti, è vero, ma altrettant­o utili». La nostra stessa esistenza - fatta di relazioni, energie, emozioni, intelligen­za, volontà e aspirazion­i - è uno strumento. Chi crede, la vive per farsi collaborat­ore di Dio nella creazione; tutti, per fare la propria parte e rendere più vivibile questo nostro mondo. Tanto da far dire a Madre Teresa di Calcutta: «Questo è ciò che sono: una matita di Dio. Una fragile matita con la quale Egli scrive ciò che vuole. Dio scrive attraverso di noi. Per quanto imperfetti noi siamo come strumenti, Egli scrive ciò che desidera». Proprio questa donna straordina­ria ci ha mostrato come si possa fare delle proprie mani, del proprio cuore e del proprio sguardo altrettant­i strumenti di vita laddove purtroppo dominano segni evidenti di morte e di abbandono. Mani, sguardo e parola possono trasformar­si purtroppo anche in strumenti di controllo della libertà altrui fino a negare agli altri le condizioni di vita più elementari. È allora che la persona, qualsiasi persona, da strumento di umanità diventa burocrate, rigido e fermo: fedele ma senza cuore, osservante ma infelice. A differenza di chi invece sceglie di farsi strumento di umanità disponendo­si all’ascolto e dedicando tempo all’altro, senza... strumental­izzarlo.

Lo strumento è un tramite per il bene. Ma attenti a non farsi «strumental­izzare»

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