Altra Italia al via, progetto politico di Berlusconi
Obiettivo allargare il perimetro anche all’Svp e all’Udc di Cesa
L’obiettivo è riempire quello spazio che non è rappresentato, che non si riconosce nelle scelte del governo. A partire da quelle contenute nella manovra. Anzi, che teme di doverne poi pagare le conseguenze. Imprenditori, professionisti, commercianti e risparmiatori: è a loro che pensa Silvio Berlusconi con l’Altra Italia. Più che un marchio o una mera operazione di restyling di Forza Italia, un progetto per federare che «non ci sta» e che vede impegnati pancia a terra tutti i big azzurri in vista della convention a Roma con Berlusconi del 7 dicembre alla vigilia della manifestazione che Matteo Salvini terrà a Piazza del Popolo. La convinzione è che di qui alle elezioni europee lo spazio per l’Altra Italia sia destinato ad aumentare e a determinare le condizioni per un’alternativa di governo, partendo dalle esigenze di chi si sente minacciato e privo di ascolto. «Quasi tutti i nostri emendamenti alla manovra sono espressione delle richieste manifestate apertamente dalle associazioni di categoria e più in generale dal mondo produttivo», conferma Mariastella Gemini, capogruppo azzurro alla Camera, che torna ad attaccare il governo per aver costruito una legge di Bilancio che aumenta la spesa assistenziale e frena allo stesso tempo gli investimenti. «Questa è una manovra in deficit per la decrescita!», attacca, puntando il dito anzitutto sul M5s («il partito del No») ma non risparmiando critiche nepurre agli alleati della Lega di Salvini: «La Lega aumenta i consensi ma intanto vota provvedimenti assurdi come il decreto dignità e una manovra dove c’è il reddito di cittadinanza. Salvini aveva promesso la flat tax che si è tradotta in un alleggerimento fiscale di cui beneficeranno appena l’1% dei contribuenti mentre sulla generalità delle imprese ci saranno 2 miliardi di tasse in più: non era questo il programma del centrodestra con cui ci presentammo alle elezioni». L’altro capitolo è l’isolamento dell’Italia in Europa, anche da parte dei cosiddetti sovranisti alleati di Salvini, che, come era già avvenuto sugli immigrati con il rifiuto della ripartizione delle quote, adesso fanno muro contro lo sforamento del deficit. «Il problema più che i numeri sta nella sostanza: senza crescita non cambierà mai il giudizio di Bruxelles e questa manovra non porta crescita», rilancia Antonio Tajani, presidente dell’attuale Parlamento europeo e numero due di Fi. Che torna poi su l’Altra Italia: «Nel simbolo con cui Fi correrà non ci sarà soltanto il nostro storico Tricolore, ma glielettori potranno vedere anche una parte che sarà il segnale della nostra voglia di allargarci e di aprire le porte a tutti i moderati». Una sorta di federazione o più semplicemente un contenitore nel quale rientrerbbero tutte le varie anime centriste che guardano al Ppe (l’Udc, la Südtiroler Volkspartei, il gruppo di Fitto in Puglia, i riformisti di Stefano Parisi e Stefano Caldoro, Idea di Gaetano Quagliariello, il nuovo Psi, le liste civiche). Nulla è ancora definito. Alle europee mancano poco più di cinque mesi. Pochi ma politicamente decisivi. Il rischio della procedura d’infrazione, la fine del Qe, le aste dei titoli di Stato di inizio anno e l’eventuale conferma di un arresto della crescita sono variabili che invevitabilmente si rifletteranno anche sul voto di maggio.