Istruzioni per capire il mondo al contrario
Le contrapposizioni più importanti per raccapezzarsi nella complessità, tra finito e infinito, essere e apparenza
Il primo nome pronunciato da un bambino è per solito quello della persona che lo accudisce. Quando dice «mamma» non intende una delle mamme, ma quella mamma, la sua mamma. Poi impara altri nomi. Se la sua memoria fosse sconfinata, potrebbe comportarsi come Ireneo Funes, il personaggio di Borges in Finzioni. Funes aveva in testa esclusivamente nomi propri: «Al posto di settemilatredici diceva (per esempio) Maximo Perez; al posto di settemilaquattordici, La Ferrovia … non solo aveva difficoltà a comprendere che il simbolo generico cane potesse designare molti disparati individui di varia dimensione e forma diversa; ma lo infastidiva il fatto che il cane delle tre e quattordici (visto di profilo) avesse lo stesso nome del cane delle tre e un quarto (visto di fronte)».
Il caso opposto alla memoria prodigiosa e frammentata di Funes lo troviamo in Cent’anni di
solitudine di Garcia Marquez. A un certo punto della storia gli abitanti della fantastica Macondo cominciano a non ricordarsi più nulla. Aureliano con un pennello segna il nome sugli oggetti:«tavolo», «sedia», «orologio», «porta», e così via. Poi si accorge che queste erano solo etichette e che si sarebbero dimenticate le funzioni delle cose. Il cartello appeso al collo della mucca era una dimostrazione esemplare – racconta Marquez – della lotta di Macondo contro l'oblio: «Questa è la mucca, bisogna mungerla tutte le mattine perché produca il latte e il latte bisogna bollirlo per mescolarlo al caffè e fare il caffelatte».
I nostri bambini, per fortuna, sono dotati di una memoria né sconfinata, come quella di Funes, né evanescente, come quella degli abitanti di Macondo. I bambini classificano oggetti e confrontano categorie: «Meglio dormire nei letti che sulle sedie» per restare nel campo delle ovvietà di Aureliano. I confronti più semplici si basano sulla possibilità di dire che alcune cose sono il contrario di altre.
A questo punto entrano in campo Oscar Brenifier e Jacques Després con il loro elenco dei «grandi contrari», e cioè le contrapposizioni più importanti per raccapezzarsi in questo mondo. Il libro è dedicato ai bambini ma molti grandi si divertiranno a leggerlo; in Francia sta avendo successo anche grazie alle illustrazioni. Abbiamo due libri in uno: il libro dei grandi contrari filosofici e quello dei grandi contrari psicologici. Ecco i contrari filosofici: Uno-Molteplice, Finito-Infinito, Essere-Apparenza, Libertà-Necessità, Ragione-Passione, Natura-Cultura, TempoEternità, Io-L’altro, Corpo-Mente, Attivo-Passivo, OggettivoSoggettivo, Causa-Effetto. In alcuni casi ci sono molte vie di mezzo e i due contrari non sono sempre l’uno la negazione dell’altro. Questo è ancora più vero nel caso dei grandi contrari psicologici: Complesso-Semplice, Idealista-Realista, Individualista-Socievole, Serio-Frivolo, Attivo-Contemplativo, CandidoMalizioso, Fisico-Cerebrale, Costante-Incostante, EstroversoRiservato, Inquieto-Pacifico.
È importante maneggiare le coppie di contrari con grande cautela. Altrimenti si corre il rischio di ingabbiare la realtà in categorie semplicistiche e riduttive. Un esempio di Caliskan, Bryson e Narayanan è la traduzione fuorviante della frase turca: «O bir doktor. O bir hemsire». Andrebbe resa con: «Uno è dottore. Uno è infermiere» perché «O»” è neutro. Google restituisce: «Lui è un dottore. Lei è un’infermiera». Dal punto di vista statistico è una traduzione corretta: i dottori sono più probabilmente maschi e le infermiere più probabilmente femmine. Ci sono però casi opposti che sono cancellati dalla traduzione automatica di Google.
Con una serie di eleganti esperimenti Cao, Kleiman-Weiner e Banaij (pubblicati su «Psychological Science» di novembre) hanno dimostrato che le persone giudicano fuorvianti e talvolta immorali i giudizi dati solo sulla base della frequenza statistica. È un esempio di dittatura della maggioranza. Eppure le stesse persone che criticano gli altri per questa semplificazione ingannevole possono cascarci senza accorgersene. L’errore è favorito dalla tendenza a ragionare per «contrari», secondo coppie binarie: uomini (dottori) contro donne (infermiere). Le persone preferiscono una singola dimensione di giudizio e tendono a classificare la realtà usando gli estremi opposti di quella dimensione. La tendenza si chiama «distorsione binaria» ed è stata misurata da Fischer e Keil («Psychological Science» dello scorso ottobre.) Essa si spiega probabilmente con il fatto che la classificazione in coppie contrapposte serve come guida all’azione. Alla fin fine, se si tratta di fare o rinunciare a qualcosa, si raccolgono solo dati a favore o contro quella cosa. Agisce una distorsione da focalizzazione, cioè dal concentrarsi esclusivamente su una delle possibilità.
Oggi le contrapposizioni semplicistiche sono in gran voga e non giovano all’igiene mentale. Vanno tuttavia comprese, e forse un po’ scusate, perché «naturalmente» l’evoluzione ci ha costruito così.
Per insegnare come funziona il mondo delle cose e dei sentimenti, sarebbe bene accompagnare la lettura del libro di Brenifier e Després con quella del racconto Il visconte dimezzato di Italo Calvino. Si narra di un guerriero che, dopo esser stato tagliato in due sul campo di battaglia, si trasforma in una coppia di contrari: il Buono, che pensa solo a fare del bene, e il Gramo, che è sempre cattivo. Nel racconto i due «contrari» combinano entrambi guai per motivi opposti. Alla fine si ricongiungono nel visconte originario che «… ritornò un uomo intero, un miscuglio di cattiveria e bontà … ma aveva l’esperienza dell’una e l’altra metà rifuse insieme, perciò doveva essere ben saggio».