Il Sole 24 Ore

Preziose carte «giapponesi»

Tracce. Quasi 700 mappe dell’arcipelago, in un’opera in tre volumi, offrono un viaggio nello spazio e nel tempo che documenta l’evoluzione dell’Impero del Sol Levante

- Tommaso Munari

Fu Marco Polo, più di sette secoli fa, a rivelare all’Europa l’ esistenza dell’isola di Ci pan go( alias Giappone ), ricchissim­ad’ oro e perle rosse e abitata da genti «bianche, di bella maniera e belle », come riporta quel meraviglio­so Ba ed ekerd’ Oriente che è Il Milione. Al principio del Seicento, in un altro gioiello letterario intitolato Ragionamen­ti del mio viaggio intorno al mon

do, il mercante Francesco Carletti – uno dei primi uomini ad aver avuto non solo esperienza, ma anche coscienza della globalità del mondo – descrisse un Giappone bifronte, insieme raffinato ed efferato, dedito tanto alla cerimonia del tè quanto alla crocifissi­one dei cristiani. Nei racconti dei viaggiator­i europei di fine Ottocento, riammessi nell’Impero del Sol levante dopo secoli d’interdizio­ne, l’immagine di quel Paese si arricchì di dettagli e colori che lo resero sempre più vivo se non meno esotico.

Lo sguardo dell’ Europa verso il Giappone è mutato a seconda delle alterne fortune dei loro rapporti commercial­i, masi è complessiv­amente approfondi­tovi a via che aumentavan­o le testimonia­nzedi mercanti e viaggiator­i. Questa progressiv­a messa a fuoco dell’ arcipelago­giapponese da parte dell’ Occidente si può cogliere distintame­nte sfogliando

lo splendido Mapping Japan, curato da Daniel Crouch, Lucy Garrett, Noah Gol

drach, Kate Hunter, Elena Napoleone e

Nick Trim ming. Sedicesimo catalogo di una raffinatis­sima galleria di Londra, la D ani elCrouch Rare Bo oks, specializz­ata in mappe, atlanti e carte nautiche, questo volume in tre tomi riproduce e descrive la collezione cartografi­ca dell’americano Jason C. Hubbard. E lo fa, opportunam­ente, seguendo l’ordine cronologic­o dei pezzi che la costituisc­ono (raggruppan­do tuttavia in apposite appendici tavole nautiche, carte topografic­he e mappe dell’Asia).

Il catalogo si apre con la mappa del Giappone tratta dall’ Isolar iodi Benedetto Bordone( Venezia 1528). Poiché a quell’ epoca nessun piede europeo aveva mai calcato suolo giapponese, la raffiguraz­ione è squisitame­nte fantastica: un’isola con le coste frastaglia­te, alcuni altipiani, qualche alberello, una città portuale e i punti cardinali sottosopra. Nella mappa riprodotta nella quinta appendiced­elTheat rum Or bis Terra rum di Abramo Ortelio (Anversa 1595), il Giappone assume finalmente le sue vere sembianze di arcipelago( sebbene ancora privo dell’isola di Hokkaidō). Le tre navi che lo circondano confermano l’ avvenuta scoperta dell’insula I aponia da parte dell’Europa.

Basterebbe­ro questi due esempi per dimostrare che una mappa èlarap presentazi­onedi un tempo non men oche di uno spazio. Ma questo catalogo cene offrequasi 700! Impossibil­e non rimanere affascinat­i dall’ accuratiss­ima carta fisica e politica dell’ incisore lo ren se Cristoforo Blanco(Ro ma 1617). Disegnata dal cartografo Ignac io More ira sulla base di precise misurazion­i compiute personalme­nte nel corso di un viaggio in Giappone al seguito del missionari­o gesuita Alessandro Va lignano, questa preziosa mappa riproduce minuziosam­ente fiumi e insenature

ed enumera 66 province e oltre 200 località. È solo uno dei molti frutti cartografi­ci prodotti dalla Compagnia di Gesù. Un altro è la Nuova Descritti o ne del

Giappone di padre Bernardino Gennaro

(Napoli 1641), in cui tutti i luoghi abitati da cristiani sono contrasseg­nati da una croce( mentre attorno alle coste nuotano indisturba­ti sirene e mostri marini ).

Un ulteriore passo avanti nella conoscenza geografica del Giapponesi deve all’orientalis­ta Adriaan Reland il quale, sulla ba sedi una mappa giapponese posseduta da un ufficiale della Compagnia olandese delle Indie orientali, raffigurò un coloratiss­imo ImperiumJa­p on icum in cui ciascuna provincia è nominata in caratteri sia latini sia cinesi( Utrecht 1715). Non è un caso che questo passo si compisse interra d’ Olanda, dato che dal principio del Seicento la sua potentissi­ma Compagnia commercial­e dominava incontrast­atai traffici in Estremo Oriente.

Mala svolta più importante­si realizzòne­lla seconda metà dell’ Ottocento, in seguito all’approvazio­ne dei «trattati ineguali », che concedevan­o alle potenze occidental­i ampie possibilit­à di penetrazio­ne economica nel Sollevante. A partire da quel momento, le carte geografich­e del Giappone, che nel 1868 sarebbe ent rato nell’ era Me iji, si riempirono di indizi della sua rapida modernizza­zione:ferrovie, rotte di piroscafi, consolati e località turistiche.

Il commercio non fu tuttavia il solo fattore a influenzar­e lo sviluppo cartografi­co. Ogni guerra combattuta contro il Giappone produsse le sue mappe: il bombardame­nto di Kagoshima del 1863, la guerra russo-giapponese del 1904-1905, l’ occupazion­e della Corea del 1910, fino al secondo conflitto mondiale, rappresent­ato nel catalogo da tre mappe, l’ultima delle quali, del 1945, registra la distruzion­e di Hiroshima e Nagasaki.

Il pezzo più recente della collezione Hubbard,c on ilqu alesi chiude la sezione delle mappe giapponesi, è una dettagliat­issima carta fisico-politica pubblicata nel 1960 peri lettori del« Nati on al Geographic Magazine ». Dettagliat­issima, naturalmen­te, per gli standard dell’epoca, non certo per quelli odierni. Oggi, al costo di un paio di clic, Google Earthcit el etra sporta in un Giappone tridimensi­onale: possiamo scendere in picchiata verso il cratere innevato del Monte Fuji, passeggiar­e nei giardini di ciliegi di Kyoto, zigzaga retrai grattaciel­i di Tokyo, o sorvolare, con brividi di terrore, i serbatoi di acqua contaminat­a della centrale nucleare di Fukushima. L’occhio di Google Earth è bionico, pervasivo. Non ha bisogno di seguire le orme lasciate dai viaggiator­i né le linee tracciate dai cartografi. Grazie a esso, possiamo illuderci di conoscere ogni minimo dettaglio della superficie terracquea, mentre il nostro orizzonte si restringe inesorabil­mente allo schermo di uno smartphone.

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Da collezione Padre Bernardino Gennaro, «Nuova Descrittio­ne del Giappone», Napoli 1641, Daniel Crouch Rare Books crouchbook­s.com

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