Preziose carte «giapponesi»
Tracce. Quasi 700 mappe dell’arcipelago, in un’opera in tre volumi, offrono un viaggio nello spazio e nel tempo che documenta l’evoluzione dell’Impero del Sol Levante
Fu Marco Polo, più di sette secoli fa, a rivelare all’Europa l’ esistenza dell’isola di Ci pan go( alias Giappone ), ricchissimad’ oro e perle rosse e abitata da genti «bianche, di bella maniera e belle », come riporta quel meraviglioso Ba ed ekerd’ Oriente che è Il Milione. Al principio del Seicento, in un altro gioiello letterario intitolato Ragionamenti del mio viaggio intorno al mon
do, il mercante Francesco Carletti – uno dei primi uomini ad aver avuto non solo esperienza, ma anche coscienza della globalità del mondo – descrisse un Giappone bifronte, insieme raffinato ed efferato, dedito tanto alla cerimonia del tè quanto alla crocifissione dei cristiani. Nei racconti dei viaggiatori europei di fine Ottocento, riammessi nell’Impero del Sol levante dopo secoli d’interdizione, l’immagine di quel Paese si arricchì di dettagli e colori che lo resero sempre più vivo se non meno esotico.
Lo sguardo dell’ Europa verso il Giappone è mutato a seconda delle alterne fortune dei loro rapporti commerciali, masi è complessivamente approfonditovi a via che aumentavano le testimonianzedi mercanti e viaggiatori. Questa progressiva messa a fuoco dell’ arcipelagogiapponese da parte dell’ Occidente si può cogliere distintamente sfogliando
lo splendido Mapping Japan, curato da Daniel Crouch, Lucy Garrett, Noah Gol
drach, Kate Hunter, Elena Napoleone e
Nick Trim ming. Sedicesimo catalogo di una raffinatissima galleria di Londra, la D ani elCrouch Rare Bo oks, specializzata in mappe, atlanti e carte nautiche, questo volume in tre tomi riproduce e descrive la collezione cartografica dell’americano Jason C. Hubbard. E lo fa, opportunamente, seguendo l’ordine cronologico dei pezzi che la costituiscono (raggruppando tuttavia in apposite appendici tavole nautiche, carte topografiche e mappe dell’Asia).
Il catalogo si apre con la mappa del Giappone tratta dall’ Isolar iodi Benedetto Bordone( Venezia 1528). Poiché a quell’ epoca nessun piede europeo aveva mai calcato suolo giapponese, la raffigurazione è squisitamente fantastica: un’isola con le coste frastagliate, alcuni altipiani, qualche alberello, una città portuale e i punti cardinali sottosopra. Nella mappa riprodotta nella quinta appendicedelTheat rum Or bis Terra rum di Abramo Ortelio (Anversa 1595), il Giappone assume finalmente le sue vere sembianze di arcipelago( sebbene ancora privo dell’isola di Hokkaidō). Le tre navi che lo circondano confermano l’ avvenuta scoperta dell’insula I aponia da parte dell’Europa.
Basterebbero questi due esempi per dimostrare che una mappa èlarap presentazionedi un tempo non men oche di uno spazio. Ma questo catalogo cene offrequasi 700! Impossibile non rimanere affascinati dall’ accuratissima carta fisica e politica dell’ incisore lo ren se Cristoforo Blanco(Ro ma 1617). Disegnata dal cartografo Ignac io More ira sulla base di precise misurazioni compiute personalmente nel corso di un viaggio in Giappone al seguito del missionario gesuita Alessandro Va lignano, questa preziosa mappa riproduce minuziosamente fiumi e insenature
ed enumera 66 province e oltre 200 località. È solo uno dei molti frutti cartografici prodotti dalla Compagnia di Gesù. Un altro è la Nuova Descritti o ne del
Giappone di padre Bernardino Gennaro
(Napoli 1641), in cui tutti i luoghi abitati da cristiani sono contrassegnati da una croce( mentre attorno alle coste nuotano indisturbati sirene e mostri marini ).
Un ulteriore passo avanti nella conoscenza geografica del Giapponesi deve all’orientalista Adriaan Reland il quale, sulla ba sedi una mappa giapponese posseduta da un ufficiale della Compagnia olandese delle Indie orientali, raffigurò un coloratissimo ImperiumJap on icum in cui ciascuna provincia è nominata in caratteri sia latini sia cinesi( Utrecht 1715). Non è un caso che questo passo si compisse interra d’ Olanda, dato che dal principio del Seicento la sua potentissima Compagnia commerciale dominava incontrastatai traffici in Estremo Oriente.
Mala svolta più importantesi realizzònella seconda metà dell’ Ottocento, in seguito all’approvazione dei «trattati ineguali », che concedevano alle potenze occidentali ampie possibilità di penetrazione economica nel Sollevante. A partire da quel momento, le carte geografiche del Giappone, che nel 1868 sarebbe ent rato nell’ era Me iji, si riempirono di indizi della sua rapida modernizzazione:ferrovie, rotte di piroscafi, consolati e località turistiche.
Il commercio non fu tuttavia il solo fattore a influenzare lo sviluppo cartografico. Ogni guerra combattuta contro il Giappone produsse le sue mappe: il bombardamento di Kagoshima del 1863, la guerra russo-giapponese del 1904-1905, l’ occupazione della Corea del 1910, fino al secondo conflitto mondiale, rappresentato nel catalogo da tre mappe, l’ultima delle quali, del 1945, registra la distruzione di Hiroshima e Nagasaki.
Il pezzo più recente della collezione Hubbard,c on ilqu alesi chiude la sezione delle mappe giapponesi, è una dettagliatissima carta fisico-politica pubblicata nel 1960 peri lettori del« Nati on al Geographic Magazine ». Dettagliatissima, naturalmente, per gli standard dell’epoca, non certo per quelli odierni. Oggi, al costo di un paio di clic, Google Earthcit el etra sporta in un Giappone tridimensionale: possiamo scendere in picchiata verso il cratere innevato del Monte Fuji, passeggiare nei giardini di ciliegi di Kyoto, zigzaga retrai grattacieli di Tokyo, o sorvolare, con brividi di terrore, i serbatoi di acqua contaminata della centrale nucleare di Fukushima. L’occhio di Google Earth è bionico, pervasivo. Non ha bisogno di seguire le orme lasciate dai viaggiatori né le linee tracciate dai cartografi. Grazie a esso, possiamo illuderci di conoscere ogni minimo dettaglio della superficie terracquea, mentre il nostro orizzonte si restringe inesorabilmente allo schermo di uno smartphone.