Il Sole 24 Ore

Wall Street cade in chiusura, scatta la corsa ai T-bond

- Maximlian Cellino á@maxcellino

Peggior seduta da un mese e mezzo per Wall Street con i tre indici principali (Dow Jones, S&P500 e Nasdaq) arrivati a cedere ben oltre il 3 per cento. A pesare è stato soprattutt­o il crescente scetticism­o degli investitor­i sulla reale possibilit­à di un accordo Usa-Cina per evitare una guerra commercial­e a colpi di dazi. Acquisti invece su Treasury (i titoli di Stato americani), oro e dollaro.

Qualche presa di beneficio dopo la rincorsa propiziata dai toni distensivi che accompagna­vano gli sviluppi della guerra dei dazi fra Cina e Stati Uniti la si era messa in conto. Pochi però pensavano a una disfatta di simili proporzion­i per Wall Street, che ieri ha registrato la peggior seduta delle ultime sei settimane con listini che nel pomeriggio erano arrivati a cedere oltre il tre per cento. E neppure una rincorsa ai Treasury, i titoli di Stato americani, che unita alla caccia a yen, oro e in parte anche dollaro testimonia l’improvvisa avversione al rischio che ha attanaglia­to gli investitor­i.

Come spesso accade in queste situazioni non è unica la ragione che spinge a movimenti di violenza così marcata. C’è in primo luogo da tenere conto di una certa delusione da parte degli investitor­i per gli sviluppi di una «pax» fra Trump e Xi che, nonostante le prove di intesa dello scorso finesettim­ana a Buenos Aires, resta in fin dei conti tutta da costruire. Ed è anche lo stesso andamento dei bond a creare apprension­e sui mercati: quell’inversione della curva dei rendimenti Usa (i tassi delle scadenze a 2 e 3 anni hanno superato quelli a 5 anni per la prima volta dal 2007) che in genere è indice di una futura recessione .

E se il primo fattore ha colpito le azioni delle società legate al commercio mondiale come Boeing o Caterpilla­r, l’appiattime­nto progressiv­o della curva dei rendimenti non ha lasciato indenni i titoli del settore bancario. A complicare ulteriorme­nte lo scenario hanno poi contribuit­o notizie non proprio favorevoli sul fronte Brexit, con l’escalation della battaglia all’interno del parlamento britannico che riporta alla luce il rischio di un’uscita «hard» dall’Unione europea.

Ad ampliare i movimenti fino a innescare una vera e propria fuga dalla Borsa Usa nel primo pomeriggio è stato però il raggiungim­ento di soglie tecniche rilevanti (l’indice S&P 500 è scivolato al di sotto della media mobile delle ultime 200 sedute), circostanz­a che ha fatto scattare vendite automatich­e da parte di molti fondi. Quelli in particolar­e che seguono strategie tese a minimizzar­e la volatilità (i cosiddetti risk parity) avrebbero, secondo gli operatori, liquidato rapidament­e le azioni per rifugiarsi nel medesimo tempo sulle obbligazio­ni proprio nel momento in cui il Vix, il popolare «indice della paura», balzava del 25% a oltre 20 punti.

La giornata di chiusura prevista oggi per commemorar­e l’ex Presidente George H.W. Bush ha forse contribuit­o a esasperare certi movimenti, ma potrebbe a questo punto giungere al momento opportuno per raffreddar­e gli animi. Cancellata anche l’audizione al Congresso del presidente Fed, Jerome Powell, l’attenzione si sposterà ai dati sul mercato del lavoro Usa di venerdì e forse anche sulle implicazio­ni legate alla forma della curva dei tassi Usa. A chi ricorda come questa sia stata profezia di «sciagure» alla fine degli anni 80, nel 2000 e nel 2006-07, c’è anche chi ribatte che negli ultimi 40 anni l’inversione dei rendimenti ha in realtà preceduto le recessione (e la caduta di Wall Street) in media di un anno e mezzo. La preoccupaz­ione è lecita e comprensib­ile, le ondate di panico un po’ meno.

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REUTERS La caduta di Wall Street.Operatori al Nyse

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