Trasporti eccezionali ko per burocrazia e strade vecchie
Per ottenere una autorizzazione servono almeno 5 o 6 settimane A causa dei nuovi limiti gli itinerari si allungano e così crescono i costi
Non basta essere la seconda potenza industriale d’Europa quando non si riesce ad assicurare la consegna puntuale di grandi caldaie, motori navali, turbine, frese meccaniche, macchine da cantiere e altri manufatti oversize. Non è una questione di dimensioni, ma di carichi troppo elevati per infrastrutture vecchie e malmesse.
Non è sufficiente essere la seconda potenza industriale d’Europa quando non si è in grado di assicurare la consegna puntuale di grandi caldaie, motori navali, turbine, frese meccaniche, macchine da cantiere e altri manufatti oversize. Soprattutto quando non è una questione di dimensioni ma di pesi. Quando, per esempio, si devono movimentare mezzi che superano le 80-90 tonnellate di portata si finisce con lo stressare ponti e viadotti con decine di anni di esercizio sulle spalle e una manutenzione quasi inesistente. In altre parole infrastrutture vecchie e malmesse.
«L’Italia è tagliata in più parti a partire dalle direttrici Nord-Sud lungo le dorsali tirrenico e adriatica - spiega Andrea Innamorato, responsabile commerciale di Fagioli, società leader nel mondo nei trasporti eccezionali -. Ci sono poi altre difficoltà lungo l’asse Est-Ovest, per raggiungere dal Nord Italia il porto di Genova, per finire con il Mezzogiorno dove, per esempio, lungo la tratta da Napoli a Bari troviamo grosse restrizioni». Una serie di colli di bottiglia che frenano la circolazione dei prodotti finiti lungo la penisola.
A fare scattare l’allarme deficit infrastrutture non è stato il crollo del ponte Morandi. Per trovare il momento zero bisogna tornare all’ottobre 2016 quando sulla superstrada 36 Milano-Lecco crollò, facendo una vittima, per un cedimento strutturale il ponte di Annone Brianza. La tragedia avvenne immediatamente dopo il passaggio di un tir con un peso complessivo di 107,5 tonnellate.
«I vincoli ci sono sempre stati ma da allora si è creata una situazione di allarme con forti restrizioni per i trasporti eccezionali - continua Innamorato -. Le verifiche strutturali preventive sui manufatti stradali come ponti e viadotti in fase di autorizzazione hanno portato alla luce una situazione delle infrastrutture certamente critica e quello che è successo negli ultimi 18 mesi non si era mai visto in venti anni». Molti viadotti e ponti sono al limite, altri stati declassati, altri ancora chiusi perché l’ente proprietario era conscio che la portata non era più adeguata. Nei casi migliori è stato dato il via a lavori urgenti di consolidamento.
Questa indispensabile stretta ha fatto aumentare le richieste di perizie tecniche preventive all’autorizzazione soprattutto quanto il carico complessivo supera le 100 tonnellate. «Prima del crollo di Annone le perizie erano richieste in circa il 5% dei casi oggi siamo al 10% e per numerose strade sono stati fissati dei limiti di carico ben precisi» aggiunge Floriano Urso, responsabile permessi e scorte della Gruber logistics, società specializzata a cui quest’anno sono stati affidati circa 600 trasporti speciali. Una via obbligata, unitamente ai maggiore controlli, per garantire l’indispensabile sicurezza.
Le conseguenze per le imprese? Un deciso aumento dei tempi per ottenere le autorizzazioni. Se prima dell’autunno 2016 erano necessarie 3 o 4 settimane per ottenere le autorizzazioni per movimentare, per esempio, un carico di 90 tonnellare oggi per ottenere gli stessi documenti servono almeno 5 o 6 settimane. E la sensazione che trapela dalle parole degli addetti ai lavori è che tra i funzionari degli enti gestori ci sia un certo timore nel porre l’ultima firma.
In più a causa dei nuovi limiti gli itinerari concordati per raggiungere il luogo di consegna si allungano e così crescono i costi. «Al cliente non si può più dare un costo standard e si applicano clausole come “salvo cantiere” o “limite di portata”» dice Urso. Di fatto questa situazione finisce per penalizzare ulteriormente le imprese del manifatturiero costrette a fare fronte a quella che si può considerare una tassa occulta causata al deficit infrastrutturale. Se prima della disgrazia di Annone per la tratta da Monza al porto di Marghera si spendevano circa 20mila euro ora il budget è lievitato a 70mila. Costi extra che i committenti esteri del manifatturiero nazionale cercano di non pagare.