Rischio ingorgo: tempi stretti per il Ddl anticorruzione
Il testo M5s con le correzioni sul peculato in Aula il 13 Obiettivo: via libera il 14 La Lega assicura «lealtà» sulla linea concordata, ma c’è l’incognita manovra
La finestra per approvare il disegno di legge anticorruzione in Senato è stretta. Anzi, strettissima: due soli giorni, il 13 e il 14 dicembre, come ha stabilito ieri la Conferenza dei capigruppo e comunicato il capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo. Quarantotto ore in piena sessione di bilancio, slittata a lunedì. Una deroga possibile per i provvedimenti che non comportano oneri finanziari.
«Sono due giorni e dovremo farceli bastare», commentano dall’entourage del ministro dei Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro. Ben consapevole, come il Guardasigilli Alfonso Bonafede, che anche un solo giorno di ritardo farebbe sballare l’intera tabella di marcia e mancare l’obiettivo dichiarato del M5S: varare definitivamente il provvedimento entro Natale.
L’emendamento che cancella la norma sul peculato introdotta alla Camera (un salvacondotto per alcuni esponenti di primo piano della Lega) è stato presentato in commissione Giustizia con la firma del capogruppo del Movimento, Stefano Patuanelli. «Contiamo di approvarlo entro questa settimana», afferma la senatrice Alessandra Riccardi. Che non teme slealtà da parte del Carroccio, nonostante i malumori sottotraccia: «La capigruppo ha deciso e non ci aspettiamo sorprese. È una normativa che l’Italia aspetta dai tempi di Mani Pulite. Combattere la corruzione significa combattere un reato che sfalsa l’economia. Vogliamo che sia in vigore da gennaio». Dalla Lega il presidente della commissione Giustizia, Andrea Ostellari, conferma: «Oggi sono stati illustrati i circa 240 emendamenti. Noi non ne abbiamo presentato nessuno. Manteniamo la linea concordata per approvare il testo entro venerdì 14».
Se il patto di maggioranza tenesse senza incidenti di percorso, il Ddl dovrebbe dunque tornare alla Camera per il disco verde definitivo la settimana successiva. Un passaggio rapidissimo, nelle intenzioni dei Cinque Stelle. Che sanno però come dall’iter della manovra, che al Senato potrebbe raccogliere gli emendamenti più attesi (quelli su quota 100 e reddito di cittadinanza, ma anche su questo non c’è accordo), dipenda a cascata tutto l’incastro. Il rischio ingorgo c’è, ma nessuno si spinge a dirlo. Le incognite sono anche altre: a Montecitorio dovrebbe passare in via definitiva il decreto fiscale, nonostante l’auspicio di una terza lettura da parte di chi, nella Lega, confida ancora che possa recepire il saldo e stralcio delle cartelle esattoriali. «Si dovrebbe chiudere così», sostiene però la presidente della commissione Finanze, Carla Ruocco. Subito dopo, intorno al 20-21, in Aula potrebbe arrivare il disegno di legge costituzionale Fraccaro sul referendum propositivo. Così come, al Senato, potrebbe giungere l’altro ddl costituzionale del M5S, quello sulla riduzione del numero dei parlamentari.
Senza contare che in Parlamento dovranno sbarcare anche i due provvedimenti che il Consiglio dei ministri si appresta a licenziare in settimana: il decreto semplificazioni e il Ddl delega sugli appalti. Altri tasselli importanti che il Governo gialloverde mette sul tavolo del confronto con l’Ue per sventare la procedura d’infrazione.