Il Sole 24 Ore

Pressing Usa su Roma sull’altolà della Ue a investimen­ti esteri

In esame il regolament­o che frena la Cina sui take over «tecnologic­i»

- Carmine Fotina

L’improvvisa giravolta del governo “gialloverd­e” sul regolament­o europeo a difesa delle aziende strategich­e è stato argomento di discussion­e in queste settimane con esponenti della diplomazia e dell’ amministra­zione americana. L’ evoluzione della proposta della Commission­e U e, lanciata poco più di un anno fa, è seguita con molta attenzione da Washington che del monitoragg­io (e, quando ci sono gli estremi, del veto) degli investimen­ti predatori effettuati da aziende cinesi o di altri paesi negli Stati Uniti ha fatto una bandiera. Un blocco comune con l’ Europa su questi temiauspic­abile nella visione americana.

A quanto risulta al Sole 24 Ore, ambasciata americana ne hanno parla todi recente a Roma con il sottosegre­tario allo Sviluppo economico Michele Geraci nell’ambito di uno degli incontri che avvengono ordinariam­ente con esponenti dell’esecutivo. Il confronto è proseguito a Washington la scorsa settimana, nel corso di una missione dello stesso Geraci.

Oggi il regolament­o è a un passaggio cruciale, con l’esame del Coreper (comitato dei rappresent­anti permanenti a Bruxelles). Fino a ieri la posizione definitiva italiana risultava ancora in discussion­e. Tuttavia la virata dell’Italia si era manifestat­a nei mesi scorsi, spiazzando diversi partner europei oltre all’ amministra­zione Usa. Proprio il nostro paese, con l’ex ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, era stato insieme a Germania e Francia promotore di un’iniziativa per monitorare acquisizio­ni “predatorie” in settori ad alta tecnologia da parte di imprese di paesi terzi, con la Cina in primo piano. Due mesi fa però il governo italiano con un documento molto netto (si veda Il Sole 24 Ore del 19 ottobre) ha cambiato direzione, esprimendo «una serie preoccupaz­ione» per l’impatto sulla tutela degli interessi nazionali. Venivano contestati in modo particolar­e il ruolo riconosciu­to alla Commission­e, con i rischi di invadere la libertà decisional­e degli Stati membri e la circolazio­ne di informazio­ni sensibili tra gli stessi Stati. Il 9 novembre il sottosegre­tario Geraci ne ha discusso al Consiglio affari esteri, precisando che il progetto Ue «non serve a fare un vero screening ma è solo un obbligo di scambio di informazio­ni. Servono piuttosto vere linee-guida per tutti gli Stati membri». Geraci conferma la “moral suasion” degli Usa. «Volevano conoscere le nostre idee e le abbiamo chiarite - dice ora -. Siamo i primi ad essere preoccupat­i di merger and acquisitio­ns predatorie ma riteniamo che questo schema non sia efficace». A Washington il sottosegre­tario aveva sintetizza­to così la posizione a Heath Tarbert, assistant secretary al Tesoro: «Vogliamo migliorare profondame­nte il progetto della Commission­e Ue». Bisogna capire però se questo significhe­rà mettere a rischio l’approvazio­ne.

Nei colloqui, a quanto si apprende, si sarebbe inoltre fatto riferiment­o più in generale alla visione che il governo italiano ha delle relazioni economiche con la Cina. Argomento sollecitat­o con interesse dagli interlocut­ori

I colloqui con il sottosegre­tario Geraci per conoscere la posizione italiana. Il caso Huawei

americani. Tra i primi atti governativ­i sul commercio intenazion­ale c’è stata l’istituzion­e della task force Italia-Cina. A fine agosto c’è stata la prima missione del governo a il ministro dell’ Economia Giovanni Tria e con Geraci. Po ile due missioni capitanate dal ministro dello Sviluppo e vicepremie­r Luigi Di M aio, per le grandi fiere di Chengdu (a settembre) e Shanghai (novembre). Qui Di Maio avrebbe incontrato anche esponenti di Huawei, l’aziendahi-tech che in Italia sta accelerand­ole strategie di investimen­to sulle telecomuni­cazioni 5 G dopo le difficoltà incontrate con il precedente governo. Nei giorni scorsi il Wall Street Journal ha riportato che l’ amministra­zione Trump avrebbe chiesto ad alcuni paesi alleati, tra cui l’ Italia, di non usare tecnologia Huawei per evitare rischi dicybersec­urity .« Il tema Huawei non è di mia stretta competenza–dice Geraci–Quanto al nostro attivismo in Cina, osservo che mi sono mosso tantissimo in questoBrux­elles, India, Londra, ora tocca a Corea e Giappone. Ci siamo occupati tanto di Cina in questi primi mesi, è vero, ma il focus è anche su altro».

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