Cosa Nostra nell’economia: decapitata la cupola 2.0
Palermo, 46 arresti In manette il nuovo capo Settimo Mineo, 8o anni
Mettere a sistema le relazioni, rafforzare il controllo sul territorio, continuare la penetrazione nell’economia, massimizzare i profitti dei grandi business criminali. Con una governance della mafia forte grazie alla ricostituzione della Commissione provinciale in cui siedono i principali rappresentanti dei mandamenti del palermitano e che non si riuniva dal 1993, anno in cui fu arrestato Totò Riina.
Si potrebbe riassumere così la strategia della Cupola 2.0 come emerge dall’omonima operazione condotta dai carabinieri di Palermo che hanno ieri messo le manette a 46 esponenti della mafia palermitana eseguendo un ordine di fermo emesso dalla Procura antimafia guidata da Francesco Lo Voi. I soggetti arrestati sono ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni consumate e tentate, con l’aggravante di avere favorito l’associazione mafiosa denominata Cosa nostra, fittizia intestazione di beni aggravata, porto abusivo di armi comuni da sparo, danneggiamento a mezzo incendio, concorso esterno in associazione mafiosa.
Morto il capo, u zu Totò, i cinquantenni e quarantenni, nuovi esponenti di una mafia che si muove a passo felpato ma che non smette di controllare il territorio, hanno avviato le grandi manovre per continuare a “governare” affidandosi a un uomo «devoto a Cosa nostra», famoso per le sue doti di equilibrio e diplomazia: l’ottantenne Settimo Mineo, ufficialmente gioielliere ma capo del mandamento di Pagliarelli. La commissione è tornata a riunirsi alla presenza di altri “vecchi di paese” il 29 maggio scorso. E al termine i mafiosi hanno definito la riunione «una cosa molto seria». Mineo sarebbe stato il capo: era pronto ad andarsene negli Stati Uniti ma non ha ottenuto il visto sul passaporto. «Questa indagine ci porta indietro nel tempo, sembra di riascoltare le parole di Tommaso Buscetta - dice Lo Voi -. Cosa nostra continua a vivere di quelle regole e non può rinunciare alla sua struttura unitaria e verticistica».
Dagli atti giudiziari dei quattro procedimenti avviati dai magistrati del capoluogo siciliano e che stanno alla base del provvedimento di fermo eseguito ieri emerge uno spaccato di politica criminale: giovani boss che si muovono nel solco della tradizione. Il fine resta sempre quello dell’infiltrazione nell’economia legale grazie a un ruolo che la mafia ha sempre avuto, quello di agenzia di servizi pronta a risolvere i problemi più svariati: dal recupero crediti alla mediazione di controversie. Dando risposte rapide e concrete alle richieste di insospettabili imprenditori. E c’è sempre da gestire, in pieno accordo, i grandi business criminali: negli ultimi anni è tornato alla grande il traffico di droga mentre continua il controllo sul gioco on line. Che poi sono la punta dell’iceberg di interessi più vasti. Dice il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho: «Dopo la morte del padrino corleonese i capi hanno sentito l’esigenza di ridisciplinare l’organizzazione. È necessario cogestire gli affari come la droga e il traffico di rifiuti in cui la mafia fa accordi con ’ndrangheta e camorra e serviva una struttura che fosse punto di riferimento. La designazione di Mineo significa che dopo decenni di strapotere corleonese Palermo è tornata centrale». Ovviamente tra gli affari mafiosi ci sono le estorsioni: 28 i taglieggiamenti scoperti dai carabinieri guidati dal colonnello Antonio Di Stasio. Tra i settori presi di mira quello delle costruzioni: solo 9 vittime hanno spontaneamente denunciato il racket.