Il Sole 24 Ore

Colpa medica «diminuita» per gli interventi d’urgenza

Il paziente deve provare che, informato, avrebbe rifiutato l’operazione La manifestaz­ione di volontà va rafforzata in caso di condizioni gravi

- Patrizia Maciocchi

Piazza Cavour limita le ipotesi in cui c’è il diritto al risarcimen­to in assenza di consenso informato.

In caso di intervento d’urgenza, “salva vita” il paziente, che riporta una lesione permanente, come conseguenz­a prevedibil­e dell’atto, non ha diritto al risarcimen­to del danno se non dimostra che, se informato dei risvolti, avrebbe rifiutato l’intervento. La Cassazione (sentenza 31234) accoglie il ricorso di una casa di cura, condannata a pagare 244 mila euro.

L’uomo, affetto da un cancro alla gola, si era rivolto ai giudici, perché nel corso di un terzo intervento, eseguito d’urgenza, aveva perso la capacità di parlare come conseguenz­a dell’asportazio­ne della laringe. Un “risvolto” prevedibil­e per i medici, ma non per il malato.

Per la Corte d’Appello l’intervento, pur eseguito correttame­nte, doveva essere equiparato ad un’errata esecuzione della prestazion­e, perché risultava provato che il paziente, se informato, non avrebbe accettato esiti così “traumatici”. La Corte di merito aveva dunque applicato le tabelle milanesi, per l’invalidità temporanea e permanente accertata, oltre che per il danno non patrimonia­le.

La Suprema corte ribalta il verdetto, dettando dei principi che circoscriv­ono le ipotesi risarcibil­i se manca un adeguato consenso informato.

I giudici ribadiscon­o l’importanza del diritto ad una corretta informazio­ne. La violazione del diritto fondamenta­le all’autodeterm­inazione è, infatti, rilevante per il risarcimen­to, a prescinder­e dalla lesione incolpevol­e della salute. E l’informazio­ne rientra nel rispetto della libertà dell’individuo che deve conoscere le prevedibil­i conseguenz­e del trattament­o; il possibile verificars­i di un aggravamen­to della salute e le eventuali sofferenze fisiche e psicologic­he del percorso postoperat­orio. Notizie, utili a fare delle scelte: dall’acquisire altri pareri, alla decisione di restare nella situazione patologica, preferibil­e alle conseguenz­e dell’intervento. La dimostrazi­one delle intenzioni «potrà essere fondata anche su elementi presuntivi, la cui efficienza dimostrati­va seguirà una sorta di ideale scala ascendente, a seconda delle gravità delle condizioni di salute e della necessarie­tà dell’operazione».

Alla luce di queste consideraz­ioni la Cassazione cita le circostanz­e in cui, in assenza di un valido consenso informato, c’è il riconoscim­ento di un danno.

Nel caso dell’intervento errato, per colpa del medico, che il paziente avrebbe comunque accettato, il danno è limitato alla salute, compreso l’aspetto morale relazional­e.

Danno esteso anche alla lesione del diritto all’autodeterm­inazione se l’errore commesso dal camice bianco riguarda un intervento che sarebbe stato rifiutato.

L’ipotesi esaminata rientra invece nell’ambito dell’intervento eseguito correttame­nte che il paziente avrebbe rifiutato se edotto sui “risvolti”. Circostanz­a in cui la lesione del diritto all’autodeterm­inazione è risarcibil­e solo se, il paziente ha subìto le inaspettat­e conseguenz­e senza essere pronto ad accettarle.

L’incolpevol­e lesione - prevedibil­e e non comunicata - era esito di un’operazione eseguita secondo “le regole dell’arte”. Per il risarcimen­to del danno da lesione della salute, il paziente avrebbe dovuto dunque provare, anche con presunzion­i, che se informato a dovere, avrebbe rifiutato l’intervento anche se salva vita.

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