Banche, riforma Ue sblocca-crediti
Approvata dal consiglio Ecofin. Slitta l’assicurazione comune dei depositi
Dopo due anni di negoziato chiuso dal compromesso tra Commissione, Consiglio e Parlamento europei, ieri l’Ecofin ha approvato il cosiddetto pacchetto bancario, che introduce misure per ridurre i rischi nel sistema bancario, rafforzarlo e diminuire gli incentivi al cosiddetto “moral azard” i cui effetti possono danneggiare risparmiatori e contribuenti. Per le banche italiane il bilancio è parzialmente positivo: nel testo sono stati inseriti incentivi all’erogazione di prestiti alle Pmi e rendono meno costose le cessioni di Npl. Nulla da fare sui requisiti delle nuove obbligazioni che saranno soggette al bail-in: saranno elevate e costose. Nella notte tra lunedì e martedì l’Eurogruppo ha approvato una tabella di marcia per il rafforzamento della Zona euro, ha dato più poteri al Fondo salva-Stati in materia di salvataggi bancari ma ha rinviato l’assicurazione Ue dei depositi.
Il passo avanti.
L’ostacolo.
Al termine di un negoziato lungo due anni, ieri i ministri dell’Ecofin hanno dato il via libera al pacchetto bancario. Per gli istituti italiani ci sono diverse buone notizie e una cattiva. Le buone riguardano le modifiche alla direttiva Crd e al regolamento Crr, il set di regole relative al capitale: in questa cornice, le modifiche apportate dall’Italia hanno permesso l’inserimento, tra le altre cose, di incentivi all’erogazione di prestiti alle Pmi e di credito garantito dalla cessione del quinto, ma soprattutto rendono meno costose le cessioni di crediti deteriorati. Non a caso, dice il dg Abi, Giovanni Sabatini, si tratta di misure che «vanno prevalentemente nella giusta direzione». Meno positive, ma su questo c’era poco da fare vista la ritrosìa della Germania, è la definizione dei requisiti relativi al Mrel, acronimo dietro cui si cela il nuovo cuscinetto di emissioni obbligazionarie che saranno assoggettate al rischio bail-in: in questo caso l’Italia deve accettare l’idea che lo stock delle future emissioni di bond sarà elevato (e costoso).
Le novità positive
Partiamo allora dagli elementi positivi. Il lavoro di mediazione portato avanti dall’Italia, in particolare dal presidente della Commissione Econ del Parlamento Ue presieduta da Roberto Gualtieri e dall’Abi (con in prima fila la delegazione di Bruxelles guidata da Federico Cornelli) ha generato frutti positivi. Sul fronte Crr e Crd, il testo concordato ieri dà atto dell’esperienza positiva sviluppata in Italia a partire dal 1950 con la cosiddetta “cessione del quinto” e ne riduce gli assorbimenti di capitale dall’attuale 75% al 35% della attività ponderate per il rischio. Per le banche italiane tale novità si potrebbe trasformare in buon volàno per erogazioni al retail garantite da stipendi e pensioni. Sono state previste misure a sostegno degli investimenti in infrastrutture, ed è stato ulteriormente rafforzato il sostegno ai prestiti verso le Pmi: è il cosiddetto Sme supporting factor, che prevede l’innalzamento da 1,5 a 2,5 milioni della soglia entro cui l’assorbimento di capitale sarà ridotto.
Altra importante novità positiva per gli istituti italiani è la modifica relativa alla sterilizzazione degli impatti delle cessioni di Npl per le banche che utilizzano modelli interni. Per tutte le cessioni in blocco di Npl pari al 20% del totale delle esposizioni deteriorate avvenute a partire dal novembre 2016 e fino al 2023, non ci saranno effetti negativi sulle valutazioni di crediti in bonis. Questa novità aiuterà le banche in due direzioni. Da una parte consentirà a chi ha già fatto maxi-cessioni di liberare capitale di vigilanza. Dall’altro lato si crea un incentivo per fare nuove cessioni di crediti malati. Altra innovazione riguarda i fondi propri delle banche: come anticipato sabato da Il Sole, viene esteso da fine 2018 al fine 2024 il cosiddetto Danish Compromise, ovvero la possibilità di non-dedurre dal capitale proprio delle istituzioni nonconglomerate di partecipazioni in assicurazioni, tema questo che riguarda da vicino il legame tra Mediobanca e Generali (si veda articolo a pagina 15).
La notizia negativa
L’accordo raggiunto ieri non porta invece buone notizie sul fronte del Mrel, il requisito minimo di fondi propri e passività da utilizzare per assorbire le perdite e ricapitalizzare gli enti in caso di dissesto. Per tutte le banche di rilevanza sistemica (tra cui UniCredit) e con un livello di attività superiore a 100 miliardi di euro la “quota” Tlac/ Mrel è fissata al 27% come soglia massima delle attività ponderate per il rischio, fatte salve poche eccezioni chiaramente identificate. Ragionevolmente, per le banche italiane il Mrel si potrebbe attestare in media tra il 18 e il 22%. «Sui requisiti Mrel è prevalso un orientamento che impone requisiti superiori a quelli fissati dagli standard internazionali», notava ieri Sabatini. Le stime parlano di emissioni extra per 125 miliardi nelle prime 35 banche dell’eurozona e il rischio per le banche italiane è che lo stock in arrivo, per le sue importanti dimensioni (Bankitalia stimava un ammontare di 30-60 miliardi) non sia facilmente assorbibile dal mercato. E che i costi per trovare sottoscrittori, complice anche il maggior rischio Paese evidenziato dallo spread, si ribaltino inevitabilmente su banche e impieghi.