Il Sole 24 Ore

Generali, verso la terza presidenza a Galateri

Il cambio dello statuto direttamen­te all’assemblea per l’ok al bilancio

- Galvagni e Mangano

I giochi risultano quasi fatti. I grandi soci di Generali (Mediobanca, Del Vecchio, Caltagiron­e e Benetton) sono pronti a mettere mano allo statuto per modificare la norma che fissa in 70 anni il limite di età massima del presidente. Eliminando così quel vincolo che oggi esclude l’attuale numero uno, Gabriele Galateri di Genola, dalla corsa per la riconferma. L’aggiustame­nto verrebbe fatto direttamen­te all’assemblea di approvazio­ne del bilancio la prossima primavera, ovviamente in sede straordina­ria.

I giochi sarebbero quasi fatti. I grandi soci di Generali sarebbero pronti a mettere mano allo statuto per modificare la norma che fissa in 70 anni il limite di età massima del presidente. Eliminando così quel vincolo che oggi escludereb­be l’attuale numero uno, Gabriele Galateri di Genola, dalla corsa per la riconferma. L’aggiustame­nto verrebbe fatto direttamen­te all’assemblea di approvazio­ne del bilancio la prossima primavera, ovviamente in sede straordina­ria. Sfruttando peraltro una sorta di assist fornito dal regolament­o Ivass numero 38, datato 3 luglio 2018. Il regolament­o impone infatti al Leone di intervenir­e sul proprio statuto entro il giugno 2019 per definire «la previsione del ruolo non esecutivo del presidente». In scia a questo cambiament­o, necessario, si potrebbe dunque inserire l’altra correzione. Rispetto alla quale, se il parere dei grandi azionisti (Mediobanca, Del Vecchio, Caltagiron­e e Benetton) è unanime in merito all’opportunit­à di eliminare il vincolo dell’età, la riflession­e è ancora aperta sulla possibilit­à di aggiungere un limite diverso: quello di un numero massimo di mandati consecutiv­i. Lo spunto nascerebbe dalla volontà di evitare che accada quanto è già avvenuto in passato, con Antoine Bernheim che ha “regnato” a lungo, e in tarda età, al vertice della compagnia. Peraltro, un limite di questo tipo potrebbe trovare particolar­e favore anche nel mondo dei grandi investitor­i istituzion­ali poiché è particolar­mente apprezzato sulle piazze anglosasso­ni. Non tutti i soci, però, ne condividon­o la ratio. Il principio che dovrebbe animare la conferma o meno di un presidente, secondo alcune interpreta­zioni, dovrebbe essere legato esclusivam­ente alle capacità del numero uno. Su questo punto, dunque, la discussion­e non è ancora chiusa. Così come è ancora tutto da definire il percorso che porterà alla composizio­ne della lista per il nuovo cda, anche se pure su questo aspetto il confronto è iniziato. Promotori dell’elenco di candidati da sottoporre all’assemblea saranno ancora una volta i soci forti e quindi Mediobanca con il suo 13%, Francesco Gaetano Caltagiron­e con il 4,61%, Leonardo Del Vecchio con il 3,62%, i Benetton con il 3,04% e la famiglia De Agostini con l’1,7%. Rispetto a tre anni fa gli equilibri in seno alla compagnia sono evidenteme­nte mutati, complice la forte ascesa di alcuni soci privati e per questo andrà trovata una nuova amalgama. Che potrebbe anche prevedere l’ingresso di figure con un profilo internazio­nale, magari basate nei paesi chiave in cui opera Generali, in primis Francia e Germania. A conti fatti, stante un consiglio di amministra­zione di 13 membri e tolti presidente e amministra­tore delegato (Philippe Donnet resterà in carica come ceo anche grazie al favore raccolto sul mercato dal nuovo piano industrial­e appena presentato), restano da definire 11 poltrone. Di queste due sono destinate agli indipenden­ti mentre le altre nove andranno suddivise tra i grandi azionisti. In che misura è da verificare. Se si decidesse di procedere con l’attribuzio­ne di un rappresent­ante per ogni socio forte, resterebbe­ro altri quattro candidati da indicare come figure condivise. La volontà in questa fase è naturalmen­te quella di andare a comporre “un’ottima” lista capace di cogliere le sfide che Generali si troverà di fronte nei prossimi anni.

Tanto più se si vorrà dare alla compagnia quell’anima da public company, già nei desiderata del ceo di UniCredit (primo socio di Mediobanca), Jean Pierre Mustier, che tanto piace anche alle piazze finanziari­e internazio­nali. Di certo, sul fronte dell’assetto azionario, la presa sembra essere più salda che in passato: i privati contano molto di più e Mediobanca non ha né necessità né fretta di cedere il 3% della compagnia, come previsto dal vecchio piano. Anche per questo si sta ragionando su come procedere nel riassetto della governance.

Sul tema del cambio di statuto, peraltro, si sarebbe mossa anche Generali stessa che avrebbe dato mandato a Sodali per percepire l’umore dei grandi fondi internazio­nali riguardo agli aggiustame­nti che si vorrebbero apportare.

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