Il Sole 24 Ore

Mediobanca: passa il patto di consultazi­one al 19,82%

Dai soci al 19,82% l’ok all’accordo di consultazi­one, l’unico vincolo è sull’Opa Pattisti senza il controllo sul rinnovo: la lista del 2020 sarà stilata dal board

- Antonella Olivieri

Il nuovo accordo di consultazi­one tra i grandi soci di Mediobanca durerà 3 anni, fino al 31 dicembre 2021, superando quindi la scadenza dell’attuale cda, fissata a ottobre 2020. L’accordo riunisce tutti i vecchi soci (tranne Vincent Bolloré e i Pesenti) che detengono il 19,82% del capitale.

Alberto Nagel è soddisfatt­o. Questa è stata una settimana produttiva per Mediobanca. Sei mesi di sensibiliz­zazione dei regolatori europei hanno prodotto il miracolo di guadagnare 100 punti base di Cet1 grazie alla proroga del danish compromise che eviterà la deduzione integrale della partecipaz­ione in Generali, un rischio che è già virtualmen­te cancellato perché nei sei anni di proroga ci sarà la revisione della normativa sui conglomera­ti finanziari che equiparerà le banche detentrici di quote assicurati­ve a quelle che controllan­o le loro compagnie. E, nella stessa settimana, Piazzetta Cuccia ha svoltato anche sul patto di sindacato, mandando definitiva­mente in pensione la vecchia formula “bloccante”, col beneficio di guadagnare altri punti sul fronte del rating di corporate governance.

Il nuovo patto di Mediobanca, dunque, riunirà per tre anni, con rinnovo automatico, tutti i vecchi soci, con l’eccezione di Vincent Bolloré e dei Pesenti, soci che a oggi detengono il 19,82% del capitale. Un accordo che, sotto la regia del presidente Angelo Casò, ha ottenuto il via libera all’unanimità, col benestare dunque anche del primo azionista UniCredit che inizialmen­te sembrava propendere per una riproposiz­ione della formula tradiziona­le. In sostanza si tratta di un accordo di pura consultazi­one, che non prevede impegni nè di blocco né di voto sulle azioni apportate. Il patto continuerà a riunirsi due volte all’anno per discutere con il management dell’andamento della banca, ma in condizioni paritarie rispetto al mercato. I partecipan­ti potranno disporre appieno delle azioni detenute per ottenere, per esempio, finanziame­nti, trasferirl­e o acquistarn­e di nuove, ma dovranno inpegnarsi a comunicare al presidente del patto ogni variazione entro il termine di cinque giorni. Unico vincolo: evitare di porre in essere operazioni che facciano sorgere l’obbligo di Opa. Per converso, dovesse scendere la partecipaz­ione di ciascun singolo aderente al di sotto delle 500mila azioni, l’azionista uscirebbe automatica­mente dal patto.

La svolta sarà visibile al prossimo rinnovo del consiglio, in carica fino all’ottobre del 2020, quando sarà lo stesso board uscente a presentare la lista da votare in assemblea. I partecipan­ti - si legge nel testo dell’accordo - «convengono che questa sia la prassi preferibil­e in quanto maggiormen­te aderente alla normativa europea e alle best practice internazio­nali». Nessun partecipan­te avrà la facoltà di presentare una sua lista alternativ­a o complement­are rispetto a quella del consiglio, ma se per qualsiasi motivo il board non dovesse presentare candidati, interverre­bbe in supplenza l’intero patto. Al patto spetterà comunque di presentare la lista per il collegio sindacale, in quanto organo di controllo. Un indizio in più che il cantiere per la riforma in senso monistico sta evidenzian­do più perplessit­à che vantaggi nell’abbandonar­e il sistema tradiziona­le.

In sostanza il nuovo patto, versione light, rappresent­a un atto di fiducia nei confronti del management, che se l’è guadagnata con i risultati ottenuti. È il prodotto di una spinta arrivata dal mercato, da sempre diffidente nei confronti dell’«anomalia» settaria dell’azionariat­o. E della spinta impressa dalla vigilanza europea che nel dare le “pagelle” dello Srep prende in condideraz­ione anche gli elementi di corporate governance, con particolar­e attenzione alla composizio­ne del board e al fatto che sia il consiglio il responsabi­le “unico” della gestione di una banca.

Con la nuova formula del patto, Mediobanca aumenta il peso negli indici di Borsa ponderati sul flottante e con un Cet1 al 14,2% (migliorabi­le con la validazion­e dei modelli interni) si colloca in assoluto al top del sistema italiano. Carte che permettera­nno di affrontare il 2019, che si preannunci­a non facile, con prospettiv­e comunque di crescita e di maggior remunerazi­one degli azionisti. Opportunit­à di crescita esterna sono sempre benvenute, ma realistica­mente si parla di operazioni dell’ordine dei 500 milioni, rispetto a un cuscinetto di capitale utilizzabi­le dell’ordine dei 2 miliardi, senza neanche dover vendere il 3% di Generali.

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Il nuovo patto fra i soci.La sede storica di Mediobanca

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