Le promesse contenute nell’Rna, il nuovo Dna
Piattaforme Rnai. Dopo l’ok degli enti regolatori, si risveglia l’interesse per questa innovativa classe di farmaci
Dopo oltre un decennio di delusioni l’ingresso sul mercato del primo farmaco a base di Rna (l’acido ribonucleico) per il trattamento dell’amiloidosi (che affligge 50mila persone) ha riaperto i giochi, stimolando alleanze tra le molte biotech attive nel settore. E molti candidati farmaci sono già in fase clinica.
Se il 2017 è stato l’anno del Dna, con i successi della terapia genica e il continuo perfezionamento della tecnica di editing genetico Crispr, il 2018 è all’insegna del cugino meno noto: l’Rna, o acido ribonucleico. Pur sullo sfondo, quello che si chiama silenziamento genico tramite l'interferenza dell’Rna è passato senza troppo clamore da una curiosità accademica a un trattamento, con la prima terapia Rnai - patisiran sviluppata da Alnylam - approvata negli Stati Uniti e in Europa lo scorso agosto.
E questo è solo l’inizio. Dopo oltre un decennio di delusioni e false partenze l’ingresso sul mercato del primo farmaco a base di Rna per il trattamento dell’amiloidosi (condizione rara che affligge 50mila persone nel mondo) ha riaperto i giochi, stimolando alleanze e allungando la lista di biotech che prendono di mira l’Rna. Con molti candidati farmaci già in fase clinica. Ma perchè l’Rna sta diventando il nuovo Dna?
L’industria in questione è costituita da terapie di Rna interference (Rnai). La cosiddetta “interferenza dell'Rna” è un fenomeno naturale segnalato per la prima volta nel 1998, facendo conquistare ai suoi scopritori il premio Nobel per la medicina nel 2006. «L’organismo usa l’interfernza dell’Rna per regolare i geni o per distruggere i virus - ci racconta Barry Greene, presidente di Alnylam, che abbiamo incontrato a Milano -. Ma può essere usato anche per reindirizzare questo meccanismo naturale in modo da disattivare un particolare gene inopportunamente attivo o malato, e quindi contribuire a curare la malattia». E quando nel 2002 fu stabilito che questo processo era comune ai mammiferi, divenne chiaro che questo poteva funzionare come terapia perché tutti i meccanismi sono già presenti nella cellula. Il principale ostacolo che in questi due decenni la ricerca ha dovuto superare è stata la “consegna” del frammento genetico laddove serve. Superato questo, il biofarmaco all’Rna ha come target malattie metaboliche, infettive, neurodegenerative, cardiovascolari e persino il cancro.
«Il concetto di essere in grado di spegnere un singolo gene, in modo reversibile, pensiamo sia rivoluzionario. Noi, infatti, non interveniamo sul Dna, quindi non apportiamo modifiche permanenti, che possono essere trasmesse alle generazioni successive. La nostra non è ingegneria genetica, ma una modifica reversibile che consente di arrestare o invertire la malattia» precisa Greene, anticipando che dei 7 programmi in sviluppo nella pipeline della società ci sono 3 farmaci in fase avanzata che dovrebbero essere approvati entro 2019/2020. Si tratta a tutti gli effetti di una nuova classe di farmaci e come tale il suo obiettivo è di diventare una biotech globale, al pari di Biogen o Alexion.
Questo nuovo sistema di modificare l’espressione genica non ha avuto vita facile: a metà del 2000 c’è stata un’ondata di eccitazione da parte dell’industria farmaceutica che ha investito milioni e milioni di dollari, ma pochi anni dopo l’entusiasmo si è trasformato in delusione in seguito a gravi insuccessi in fase clinica e molti big del farmaco hanno abbandonato il campo. Solo le biotech hanno deciso di continuare e affrontare la sfida. «Un film già visto con gli anticorpi monoclonali: le “piccole” hanno risolto i problemi e a quel punto anche le “grandi” sono entrate nel mercato» ricorda Greene. Una dinamica che si ripete oggi, visti gli accordi tra big pharma e biotech dell’Rna che si sono avviati negli ultimi due mesi. Oltre ad Alnylam che nei suoi 16 anni di vita ha fatto accordi con Merck, Novartis e Sanofi, ha raccolto 4 miliardi, investendonone la metà in R&S e oggi ha un organico di mille dipendente, anche le concorrenti Dicerna e Arrowhead hanno stretto partneship importanti: la prima con Janssen (in ballo ci sono 3,75 miliardi potenziali), la seconda con Eli Lilly, per un investimento che arriva fino a 350 milioni di dollari. E poi ci sono le new entry: a New York, Gotham Therapeutics grazie a un finanziamento di serie A di 54 milioni di dollari è diventata la seconda startup con un piano per alterare le molecole di Rna con farmaci chimici. La nuova società sta capitalizzando le nuove intuizioni sulla miriade di modi in cui la cellula controlla l’attività dei geni. Da qui, potrebbero presto arrivare nuovi bersagli farmacologici. A differenza di Alnylam, Gotham si è focalizzata sull’Rna messaggero (mRna), e ha come obiettivo il cancro, oltre a malattie autoimmuni e neurodegenerative. In gara sull’Rna messaggero ci sono altre die startup: Moderna (che ha alle spalle Merck, AstraZeneca e Vertex) e RaNa (supportata da Shire) focalizzati su Rna messaggeri sintetici, pensati per convincere il corpo a produrre proteine che contrastano la malattia.
Come le altre terapie innovative arrivate sul mercato, anche quelle a base di Rna sono però molto costose (in Usa, con il sistema di value based agreement, patisiran costa 345mila dollari all’anno a paziente, in Italia il prezzo deve ancora essere negoziato con Aifa). «I sistemi sanitari devono capire come e dove spendere i loro soldi - conclude Greene - L’obbligo morale dell’industria farmaceutica è di mettere a punto prodotti innovativi che poi diventeranno generici. E di conseguenza economici. Quindi paghi tanto l’innovazione, ma il patent cliff permette di libera risorse».